Rock australiano 1977-1988

Nei primi numeri di “Classic Rock”, la sezione del Mucchio dedicata a ristampe, riedizioni e in generale rock del passato, trovano spesso spazio articoli che affrontano una scena, un genere o un fenomeno attraverso una selezione di dieci (più dieci) album consigliati. L’underground australiano è da sempre una mia passione: questi, secondo me, i primi titoli da ascoltare per iniziare a conoscerlo.

Australia fotoDieci album fondamentali
Gran bel posto, l’Australia. Non solo per lo splendore dei paesaggi e la scarsa densità di popolazione, ma anche per la straordinaria qualità – e quantità, soprattutto in rapporto al numero di abitanti – della sua scena rock’n’roll; una scena che dai Sixties ad oggi, seppur meno illuminata di quanto avrebbe meritato dalle luci della ribalta internazionale, non ha mai mancato di generare autentici talenti, per forza di cose non privi di punti di contatto con le contemporanee esperienze americane e britanniche ma quasi sempre dotati di requisiti spiccatamente personali. Senza nulla voler togliere agli artisti più antichi e più recenti, è innegabile che il vero e proprio boom creativo del rock del Continente Nuovissimo si sia verificato negli anni ‘80 con epicentro in tutte le principali città (da Sydney e Melbourne fino a Perth, Adelaide e Brisbane), a opera di una pletora di band attive per lo più nel circuito sotterraneo e seguite da varie etichette indipendenti (tra le altre, Mushroom, Au Go-Go, Citadel, Waterfront, Greasy Pop, Red Eye). Nati sulla scia (e sulla spinta) di Saints e Radio Birdman, inconsapevoli precursori del punk-rock già a metà ‘70, questi gruppi hanno dato vita a sonorità assai eterogenee, mostrando spesso saldi legami con il rock energico e incisivo ma privilegiando a seconda dei casi la propensione al pop, al garage, al blues, al garage o alla psichedelia: la documentazione in merito esistente, specie a livello di 45 giri ed ep, è impressionante per estensione e caratura.
Al suddetto policromo quadro, seppure nei limiti davvero molto angusti dei dieci + dieci album, vuole render giustizia questa Discoteca Base, le cui coordinate non sono state naturalmente fissate a caso: il 1977 ha infatti visto la pubblicazione dei leggendari esordi di Saints e Radio Birdman, mentre il 1988 ha registrato – dopo il fasti del triennio 1985-1987 – l’inizio del progressivo calo di attenzione del mondo verso quanto prodotto nella terra dei canguri, a dispetto di isolate manifestazioni di interesse per alcuni suoi esponenti. A criteri almeno altrettanto logici è stata poi informata la scelta dei venti titoli: censura del rock “ufficiale” a favore di quello di area underground (insomma, niente AC/DC, INXS o Midnight Oil), tentativo di rappresentare il maggior numero possibile di stili e indicazione di non più di un disco per ciascun ensemble; e l’assenza della figura forse più carismatica emersa da tale “movimento”, Nick Cave (peraltro presente con i Birthday Party), è dovuta al fatto che l’avvio della carriera solistica alla guida dei Bad Seeds ha portato il musicista ad allentare ulteriormente quei contatti con la Patria già resi meno saldi dal suo trasferimento in Europa di qualche anno prima. Peccato che l’inevitabile esclusione di parecchi protagonisti di rilievo (Exploding White Mice, Porcelain Bus, Trilobites, Cosmic Psychos, Screaming Tribesmen, Psychotic Turnbuckles, Harem Scarem, Lipstick Killers, Visitors…) ci abbia impedito di valorizzare tutte le sfumature dell’affresco.
CELIBATE RIFLESThe Celibate Rifles (Hot 1984). Formatisi a Sydney nel 1980, i Celibate Rifles del cantante Damien Lovelock e del chitarrista Kent Steedman si sono distinti per la capacità di sposare punk’n’roll grezzo e irruente e semplici trame melodiche in composizioni spesso piacevolmente sghembe. Questo secondo album li fotografa nel pieno della loro ascesa, prima che la loro verve iconoclasta e un po’ stralunata cominci a farsi cliché sotto l’influsso della routine; tra i solchi spicca Wild Desire, ballata rock di rara potenza e autorevolezza.
CHURCHStarfish (Parlophone 1988). Nonostante alcuni elementi anomali rispetto agli altri ensemble qui citati (l’attività svolta dall’inizio sotto l’egida di una major, i buoni riscontri internazionali, il suono globalmente più leggero), la presenza dei Church in questo elenco è dovuta soprattutto alla natura della loro proposta, raffinata e radiofonica nella forma ma obliqua e ispirata nella sua ricerca di un equilibrio tra rock, pop, folk, psichedelia e post-punk. Oltre che il più completo, Starfish è stato l’album più fortunato sul piano commerciale della band di Steve Kilbey (voce, chitarra) e Martin Willson-Piper (chitarra).
DIED PRETTYFree Dirt (Citadel 1986). La prima prova a 33 giri del quintetto di Sydney capitanato dal cantante Ronnie Peno e dal chitarrista Brett Myers è anche la più efficace nella messa a punto del suo inconfondibile stile all’insegna di un rock tanto concitato e grintoso quanto profumato di grandi spazi e predisposto a suggestive cavalcate psichedeliche. Sospesi tra Velvet Underground, Doors e trame a sfondo roots, con un pizzico di sfrontatezza punk a conferire al tutto una marcia in più, i Died Pretty sono stati una delle compagini australiane più originali e brillanti del periodo: curioso che in Patria siano stati spesso snobbati e che siano stati invece trattati da star in Europa e negli Stati Uniti.
GO-BETWEENSBefore Hollywood (Rough Trade 1983). Destreggiandosi tra canzone d’autore (Bob Dylan), rock classico (dai Byrds ai Velvet Underground) e qualche tocco new wave, Robert Forster e Grant McLennan inanellano la migliore delle loro raccolte di canzoni aggraziate e affascinanti. La critica se ne accorge e batte le mani, mentre il pubblico mostra indifferenza: un copione che sarà replicato in futuro, facendo dei Go-Betweens di Brisbane, se non la più grande, senza dubbio la più sfortunata band australiana degli ‘80.
HOODOO GURUSMars Needs Guitars (Big Time 1985). Se il quasi altrettanto valido Stoneage Romeos li aveva presentati al mondo come futuri campioni di un rock’n’roll miracolosamente in bilico tra pop, punk, garage, beat e psichedelia, è con il secondo Mars Needs Guitars che gli Hoodoo Gurus di Sydney approdano alla piena maturità senza però compromettere – come in parte accadrà nei lavori seguenti – la freschezza d’impatto. Dave Faulkner è un trascinatore nato, Brad Shepherd un chitarrista come pochi e Bittersweet un singolo degno di figurare in qualsiasi antologia ideale di power-pop.
NEW CHRISTSDistemper (Blue Mosque 1989). Titolari nel periodo 1981-1989 di una formidabile serie di 45 giri realizzati a dispetto delle infinite vicissitudini di organico, i New Christs hanno marchiato a fuoco gli anni ‘80 australiani con un rock caldo, sanguigno e potente, figlio naturale della Detroit degli ultimi ‘70 ma anche del punk’n’roll di quei Radio Birdman dai quali proveniva il cantante Rob Younger. Seppur per una manciata di mesi, la data di uscita lo farebbe escludere dalla nostra trattazione: ma l’urlo di Distemper, primordiale e nello stesso tempo evoluto, non può certo essere soffocato da simili quisquilie.
RADIO BIRDMANRadios Appear (WEA 1977). Aggregatisi nel 1974 e quindi pionieri della nuova ondata australiana, i Radio Birdman sono stati artefici di un rock’n’roll dove l’hard “di strada” di Stooges e Mc5 (influenza primaria per il chitarrista Deniz Tek, nativo proprio di Detroit) ha trovato sviluppo in brani vibranti e viscerali, fortemente caratterizzati dal canto duttile di Rob Younger. Anche se i diretti interessati hanno sempre negato ogni rapporto con il fenomeno, la cruda irruenza e l’immediatezza degli episodi costringono a qualificare il sestetto di Sydney come punk: questo inarrivabile debutto, del quale è forse preferibile la versione confezionata nel 1978 dalla Sire (con alcune sostanziali modifiche di scaletta), spiega chiaramente perchè.
SAINTS(I’m) Stranded (EMI 1977). Non solo un disco-chiave per la scena underground australiana, ma in assoluto uno dei migliori album punk di sempre: per alcuni il migliore in assoluto, addirittura superiore agli esordi di Ramones, Clash e Dead Boys. Guidato da Chris Bailey e Ed Kuepper, il quartetto di Brisbane mette in fila una eccitantissima sequenza di canzoni ruvidissime e selvagge, tra le quali affiorano a sorpresa anche un paio di torride ballate. Negli annales rimane scolpita soprattutto la devastante title track, all’epoca “singolo della settimana (e di ogni settimana)” per la rivista inglese “Sounds”.
SCIENTISTSYou Get What You Deserve! (Karbon 1985). Inaugurata l’attività a Perth con un punk non privo di aperture pop (il primo, omonimo 33 giri), e convertitisi dopo il trasferimento a Melbourne a uno swamp-rock dalle decise inflessioni crampsiane (i mini Blood Red River e This Heart Doesn’t Run On Blood…), i Scientists del geniale cantante e chitarrista Kim Salmon – anche nell’organico dei Beasts Of Bourbon – hanno raggiunto la definitiva maturità con questo secondo album: rock’n’roll cupo e lancinante al quale la libertà da rigide costrizioni formali conferisce un aria ancor più minacciosa e perversa. Il gruppo, scioltosi nel 1987, sarà riscoperto nei ‘90 quando in molti lo indicheranno come uno dei progenitori del grunge.
TRIFFIDSBorn Sandy Devotional (White 1986). Abili e ispiratissimi nel fondere assieme rock, pop, country e folk in una miscela di enorme forza evocativa, i Triffids di David McComb sono stati una delle più apprezzate band australiane degli ‘80. Born Sandy Devotional, secondo album inciso quando l’ensemble faceva già la spola tra la natia Perth e l’Inghilterra che l’aveva adottato, è la gemma più preziosa del suo ricco diadema discografico, anche se alcuni potrebbero preferirgli il più acerbo predecessore Treeless Plain. Giunse addirittura nei Top30 britannici, trainato dallo splendido singolo Wide Open Road.

Gli altri dieci
BEASTS OF BOURBONSour Mash (Red Eye 1988). Sydney. Seconda prova del grande supergruppo capitanato dal cantante Tex Perkins: il miglior voodoo-blues dei nostri antipodi.
BIRTHDAY PARTYJunkyard (Missing Link 1982). Melbourne. Ultimo album della band di un giovane e sconvolto Nick Cave, sciamano di un punk-blues abrasivo e apocalittico.
HITMENHitmen (WEA 1981). Sydney. Trascinante hard-rock dalle venature power-pop/punk, per una delle tante formazioni nate dallo scioglimento dei Radio Birdman.
JOHNNYSHighlights Of A Dangerous Life (Mushroom 1986). Sydney. A metà strada tra country e punk’n’roll, in una combinazione irresistibile di energia e melodia.
LIME SPIDERSThe Cave Comes Alive (Virgin 1987). Sydney. L’ispirazione è garage-punk, il suono tende all’hard, la voce di Mick Blood è carta vetrata.
LIZARD TRAINSlippery (Greasy Pop 1987). Adelaide. Un gioiello di psichedelia chitarristica acida e urticante, perfetta nel dosare luce e oscurità.
MOFFSLabyrinth (Citadel 1988). Sydney. Atmosfere avvolgenti e visionarie, di ispirazione soprattutto britannica, per la band più lisergica d‘Australia.
OLYMPIC SIDEBURNSOlympic Sideburns (Major 1985). Melbourne. Crudi e feroci, tra rock’n’roll d’assalto ed esplosivo psychobilly. Difficile dimenticare Have Love Will Travel e Billy.
STEMSAt First Sight… Violets Are Blue (Mushroom 1987) Perth. Psycho-pop dai marcati accenti Sixties per il primo gruppo “di peso” del cantante e chitarrista Dom Mariani.
SUNNYBOYSSunnyboys (Mushroom 1981). Sydney. Melodie irresistibili (a partire dall’eccezionale Alone With You) per uno dei migliori album power-pop di tutti i tempi.
Tratto da Il Mucchio Selvaggio n.438 del 17 aprile 2001

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46 pensieri su “Rock australiano 1977-1988

  1. ciao Federico,
    volevo ringraziarti per tutta la musica che mi hai fatto conoscere ai tempi del Mucchio e di Velvet ma soprattutto per l’ozrock (che uso come nickname sui blog). siamo coetanei ma a Bolzano dove abito i dichi non arrivavano e senza di te ed il negozio di Sweet Music non avrei mai conosciuto certi gruppi e sarei rimasto al rock classico al prog ed alla disco di classe tutti generi che amo ma ascoltare Radios Appear e Living Eyes e’ stata una folgorazione dalla quale e’ nato il mio amore per l’ozrock del quale ho quasi tutto su vinile (molto non e’ mai uscito su CD e forse e’ un peccato perche’ con l’avvento della rete i gruppi “minori” tipo Olympic Sideburns, Sunset Strip, Zimmermen etc etc sono stati dimenticati.
    Adesso me li sto riversando tutti su mp3.
    Sono molto difficile alle lodi ma in questo caso: GRAZIE DELLA MAGICA MUSICA MAESTRO!!!

    Ugo

  2. Pingback: Post-punk italiano 1980-1986 | L'ultima Thule

  3. Orgio

    Ok per i Boss, ma i Kings Of the Sun, gli Heaven, Johnny Diesel e Jimmy Barnes non potevano proprio trovare uno spaziettino minuscolo? 🙂

  4. Orgio

    Ci sta, in effetti. Immagino lo stesso principio sia valso per i Celibate Rifles del primo LP, invece di “The Turgid…” (che secondo me è il loro migliore).
    Quanto a Radios, vorrà dire che accantonerò riserve di capitale… 🙂

    • Sì, esattamente!
      Vedrai che i Radio Birdman saranno ristampati di nuovo, non esiste che rimangano fuori catalogo.

      • Orgio

        Alla fine, non so ancora come, ho scovato un negozio che aveva sia la versione originale australiana (10 pezzi) sia quella overseas, a 18 e 15 euro…misteri.
        Comunque, dici che un pensiero per i Boss, autori di un isolato LP di hard proto-Crueiano a titolo “Step On It” e uscito nel 1985, ci può stare in materia, oppure stilisticamente siamo fuori dalle coordinate (che pure mi paiono ampie)?

      • Beh, grande! Ottimo per te. 🙂
        I Boss? No, dai, erano proprio metallari!

  5. Orgio

    Gran bell’articolo, ottimo come sempre! Avrei due domande: perché hai scelto proprio “The Cave Comes Alive” dei Lime Spiders?
    E poi, hai notizie di ristampe recenti di “Radios Appear”? Si trova poco e ha costi notevoli, purtroppo.

    • Ho scelto “The Cave Comes Alive” perché è il primo album, più vicino ai primi fantastici 45 giri.
      “Radios Appear” era stato ristampato non molti anni fa in Australia, ma adesso pare sul serio che sia fuori catalogo.

  6. Anonimo

    a me piacciono anche i The Wreckery dell'”italiano” Hugo Race

  7. Americo Liberato

    Bell’articolo, di Dom Mariani avrei messo anche DM3 – ROAD TO ROME e THE SOMELOVES – SOMETHING OR OTHER, due classici (almeno per gli amanti del powerpop!).

    • Vero, ottimi dischi. Però, come da titolo, la lista è limitata al periodo 1977-1988 (diciamo le prime due “ondate” del nuovo rock australiano), e sia l’album dei Someloves che quello dei DM3 sono successivi (1996 e 1989). Grazie!

  8. savic

    Non sono mai stato in Australia, ma conosco decine e decine di gruppi. Molti grazie a te. Un’ epoca irripetibile, negli anni 80 qualsiasi disco uscito dall’australia era meritevole. Solo per rompere le palle, Sunnyboys nella top ten e i Triffids fuori ( li ho sempre trovati pallosi). Un piccolo aneddoto: ho conosciuto una volta una ragazza di Sidney ( ero molto ubriaco…mi sono incazzato perchè non conosceva gli hoo doo gurus! Sono tutt’ora orgoglioso di quella mia sfuriata alcolica)

    • La lista vorrebbe rappresentare un po’ tutte le principali tendenze rock e i suoi protagonisti. Sunnyboys grandiosi, ma i Triffids erano più particolari. E sono stati più importanti.
      Anch’io quando sono andato in Australia credevo che tutti conoscessero i Radio Birdman, ma non era così. 😦

  9. Anonimo

    fantastico questi gruppi australiani,purtroppo sconosciuti a tanti miei amici..!

  10. CliffSteele

    Caro Federico, amo alla follia questi gruppi ma i Church sono probabilmente i miei preferiti. Se per caso hai qualche articolo su di loro che mi sono perso e che conti di mettere sul blog non mi offendo !!!
    O. K.: anche i Died Pretty !

    • Credo proprio di non aver scritto nulla sui Church, ma potrei anche sbagliarmi. L’altro giorno mi è capitata sotto gli occhi una mia intervista ai Redd Kross che non ricordavo assolutamente di aver fatto: tipo che se qualcuno mi avesse chiesto “hai mai intervistato i Redd Kross?” io avrei risposto “no, purtroppo no”. 🙂

  11. Bored grandi, gli altri tre un po’ sotto… però si per me i Feedtime, il primo Feedtime, sta un gradino più in alto. Per dire io ci sento pure un anticipo di tanta roba AmpRep…

  12. l’aussie rock è stato una sorta di mia “ossessione” per tanto tempo, e questo grazie anche a te e a quanto letto sul Mucchio. Sono convinto che, vabbè magari un po’ esagero, il miglior rock’n’roll degli anni ottanta, Seattle fine decennio a parte, sia venuto proprio da laggiù… Piuttosto mi chiedo perché non siano mai comparsi nelle vostre liste i grandissimi Feedtime: eppure il primo disco nel suo, da non buttare nemmeno quelli dopo intendiamoci, è roba davvero da primissimi della classe

    • Così, senza rifletterci troppo, direi che è accaduto perché più orientati verso il punk rispetto alle “classiche” band australiane, però ho appena visto che fra i “50” di Extra ho messo Bloodloss, Bored, Hard-Ons e X. Dici che li sottovaluto, rispetto a questi ultimi quattro?

      • savic

        Quoto Bigmuff. Feedtime un gradino sopra gli altri ( assieme agli X, non a caso ristampati nei novanta dalla amp rep, che di norma non ristampava).
        Gli Hard Ons hanno fatto uscire un disco nel 2011 ( o 2012). Qualcuno lo ha sentito?

  13. Cosimo

    La mia crescita, il mio passato ed il mio presente. Celibate Rifles, Radio Birdman, New Christs, Died Pretty, Triffids, Church…grazie Federico per avermeli fatti conoscere.

  14. Cosimo

    La mia vita, la mia crescita, il mio presente. Celibate, Died Pretty, Radio Birdman, New Christs, Church, Triffids.. grazie per avermeli fatti conoscere..

  15. no no io compro ancora il mucchio e anche quello Extra ma, sarò invecchiato, la quantità della roba di cui si parla o non mi piace o non amo il modo in cui viene trattata

  16. ultimi tre lustri almeno

  17. Federico quando titrovi potresti pubblicare gli articoli sul punk californiano io preferisco i primi stesura quella sul mucchio in due numeri (in cui li dividesti per periodo) a quellii su Bassa Fedeltà
    che se non ricordo male era su area geografica

    • Quelli su Bassa Fedeltà sono serviti come base per il librone “Punk!”, e il mio contratto con la Giunti mi impedisce di recuperarli. Nel caso li trovi tutti, moltiplicati per tre, ampliati e corretti nel libro di cui sopra.
      Quelli vecchissimi del Mucchio dovrei ripescarli, rileggerli e convertirli in file (ovviamente non ho il testo originale word, nei primi anni 80 il computer personale era fantascienza). Prima o poi ce la farò. 🙂

      • Ho anche il libro
        comprato appena uscito
        cmq ho anche gli articoli sia quelli sul mucchio che quelli su Bassa fedeltà
        ho imparato ad ascoltare “nuovo rock” leggendo la tua rubrica sul mucchio e da allora ti ho quasi sempre seguito
        abbandonandoti nel periodo dell’ultimo mucchio
        che non amo molto

      • Beh, grazie. Solo una cosa: che intendi per “ultimo Mucchio”?

  18. Matteo Valdemarin

    Mamma mia, Free Dirt… Che discone, che pezzi, che ispirazione. Sbaglio o dopo Lost (ottimo) i Died Pretty si sono persi per strada? Gran gruppo comunque e grazie Fede per il blog.

    • Sì, a un certo punto i Died Pretty hanno avuto un calo… ma del resto mantener vive la tensione e l’ispirazione dei primi, incredibili lavori sarebbe stato difficilissimo. Grazie a te!

  19. La penso come te. Il “problema” è che le regole delle discografie base, le stesse che di norma vengono seguite su Extra, prevedono la scelta di album nel senso classico del termine e non antologie di pur magnifici singoli. Comunque anche gli album sono ottimi, eh, altrimenti nell’articolo non ci sarebbero stati. 🙂

  20. Ricordo questo articolo, ed essendo fanatico dell’Aussie Rock di quel periodo già allora obbiettai che quei gruppi il meglio di loro lo avevano dato con i brani presenti sui singoli, un esempio su tutti i tre singoli dei Moffs più il mini sono tutto di un altro livello rispetto a Labyrinth, identico discorso per Stems, Lizard Train, Lime Spiders etc etc

    • è vero che i singoli sono molto più efficaci, basta guardare ai new christs pre distemper, ma trovo giusta la scelta di optare per gli album che danno un valore sicuramente più compiuto al lavoro di qualsiasi artista.

  21. ah quante cose ho imparato nel tempo facendo della scoperta del rock Australiano una ragione di vita, soprattutto leggendo articoli e recensioni sul Mucchio.

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