Articoli con tag: indie rock e dintorni

Sonic Youth (1992)

Chissà cosa mi passava per la testa quando, nell’estate di trent’anni fa, recensii il settimo album dei Sonic Youth, pubblicato dalla Geffen il 21 luglio 1992. Mi venne fuori un’esagerata, incondizionata esaltazione che oggi non so bene spiegarmi, perché Dirty è di sicuro un ottimo disco ma, ecco, non vale Sister o Daydream Nation, e forse neppure EVOL e Goo. Come abbia fatto a definirlo “l’incontestabile capolavoro” della band rimane un mistero. Sarà stata colpa del caldo? Con l’onestà che da sempre mi contraddistingue recupero quindi le mie parole di allora, pur sapendo che più d’uno sorriderà di fronte al mio eccesso di entusiasmo.

Dirty
(DGC)
Eravamo in molti a ritenere che il precedente Goo, edito nel 1990 a inaugurare il contratto con la David Geffen Company, costituisse l’irraggiungibile apice della carriera dei Sonic Youth, la miglior sintesi del proprio percorso espressivo che la band newyorkese avrebbe potuto realizzare. Opinione che quest’ultimo Dirty ha provveduto però a sgretolare dalle sue pur solide fondamenta, inanellando sedici episodi tra i più ispirati, brillanti e pirotecnici che Thurston Moore e compagni abbiano partorito nei loro dodici e più anni di attività rock “sovversiva”.
Al di là di qualche inflessione grunge, il quartetto di Sister e Daydream Nation non ha tentato di battere nuove strade, ma si è accontentato di rielaborare la sua classica formula di impatto fisico-cerebrale alla luce di una maturità artistica, di un’esperienza e di una verve creativa ormai giunte a livelli eccezionali, e tanto per non correre rischi ha per la prima volta affidato la console a un team di produzione esterno (per la cronaca, Butch Vig e Andy Wallace, già all’opera su Nevermind dei Nirvana), facendo sì che le già splendide canzoni acquisissero quel pizzico di mestiere in più necessario per essere davvero perfette; ribadendo al contempo come i Sonic Youth, precursori e maestri di quel ”fare rock” torrido e geniale che oggi spadroneggia nelle classifiche di vendita, non abbiano alcuna intenzione di abdicare a favore dei loro numerosi discepoli. A Dirty e ai suoi inni “terroristici” – dove il termine sottintende precise strategie e non furia cieca – il compito di travolgere i vecchi estimatori e convertire nuovi adepti al culto di una Gioventù Sonica che ha finalmente confezionato il suo incontestabile capolavoro.
(da AudioReview n.120 dell’ottobre 1992)

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Smashing Pumpkins (1991)

Smashing Pumpkins cop

Illo tempore, quando per scrivere di certi dischi più o meno underground dovevi inevitabilmente attendere che arrivassero nei negozi forniti di titoli di importazione (e comprarli, ovvio), accadeva spesso di vedere le proprie considerazioni pubblicate con qualche mese di ritardo, specie quando si collaborava per riviste con tempi di lavorazione piuttosto lunghi. Entrato in casa mia il 12 giugno 1991, il primo LP degli Smashing Pumpkins venne così recensito per il numero di settembre. Poco male, comunque, perché in quei giorni purtroppo lontani l’interesse per un disco non durava, come accade assai di frequente oggi, il tempo di una scorreggia. Altro su Billy Corgan e compaqui qui, qui e qui..

Gish
(Caroline)
Non sono l’ennesimo clone più o meno fedele di Jane’s Addiction o Soundgarden, e non sono neppure gli ultimi, sterili calligrafi dell’ormai popolarissimo hard contaminato in stile Sup Pop, anche se parecchi indizi potrebbero trarre in inganno. A dispetto del loro look “selvaggio” e dei loro trascorsi discografici (un secondo 45 giri, Tristessa, edito appunto dall’etichetta di Seattle), gli Smashing Pumpkins sono infatti impegnati nel tentativo di elaborare un sound personale, certo influenzato dal r’n’r più pesante e abrasivo ma aperto anche a sollecitazioni di altro genere.
Gish, debutto sulla lunga distanza del quartetto di Chicago, ci riferisce di una band più che promettente, ancora alle prese con qualche problema tecnico (la produzione, un po’ troppo acerba e spigolosa, non è delle migliori), ma apparentemente in grado di evolvere il proprio discorso musicale fino a livelli di assoluta eccellenza. Non è da tutti saper equilibrare perfettamente ritmi anfetaminici, distorsioni furibonde e atmosfere avvolgenti e visionarie, e non è da tutti farlo nell’ambito di uno stesso brano. E RhinocerosSnail e Window Paine, gli episodi in cui l’inclinazione alla ballata e quella al massacro strumentale sono lasciate libere di avvicendarsi in un caleidoscopico, travolgente vortice di suggestioni, dimostrano ampiamente quanto gli Smashing Pumpkins possono donare a un rock che non vuole adeguarsi agli stereotipi né soffocare la sua natura fieramente ribelle.
(da AudioReview n.108 del settembre 1991)

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Vic Chesnutt (2007)

Sono io il primo a esserne stupito, ma a quanto pare non ho mai scritto nulla di esteso a proposito di Vic Chesnutt. In archivio ho trovato solo questo “Oltre le stelle” dedicato al suo album forse più bello, North Star Deserter; lo propongo qui a dieci anni esatti dalla morte del cantautore americano, a soli quarantacinque anni.Un disco che divide, poche storie: perché Vic Chesnutt non è certo uno leggero, perché quanti lo apprezzano nella sua veste più “convenzionale” potrebbero trovare un po’ ostico l’apporto strumentale dei Thee Silver Mt. Zion, perché – viceversa – i cultori della Constellation potrebbero non gradire particolarmente un approccio al songwriting che rimane, ed è più che comprensibile, cantautoriale. Chi entrerà, emotivamente e non solo musicalmente, in North Star Deserter, gli riconoscerà però senza dubbio la statura del capolavoro: perché dall’incontro fra due “mondi” artistici che potevano ritenersi inconciliabili sono scaturiti risultati di grande equilibrio, armonia e spessore, e perché l’intensità dei suoi dodici episodi all’insegna di atmosfere cupe e toni un po’ “lamentosi” – tendenzialmente fragili e scarni, ma a tratti accesi di deflagrante, pur misurato vigore – è di quelle che lasciano ipnotizzati, pacificati a dispetto delle inquietudini, splendidamente rapiti.
(da Il MUcchio Selvaggio n.646 del maggio 2008)

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Memorabilia (5)

Una serie di post dedicata a oggetti particolari legati alla musica che mi sono trovato a possedere più o meno per caso; a differenza di tanti colleghi che ne vanno a caccia e ne posseggono centinaia se non migliaia, io me ne sono sempre abbastanza fregato, però in tanti anni di attività un tot di cose le ho raccolte e allora ho pensato di presentarle qui e raccontarne la storia, un po’ come sto ancora facendo con i dischi più strani che ho e le foto da me scattate, e come ho fatto con le spillette. In linea di massima si tratta di gadget realizzati dalle case discografiche a scopo promozionale o celebrativo, ma non mancherà qualche chicca privata.
Nel 1992 i Sonic Youth pubblicarono Dirty, il loro secondo  album marchiato dalla DGC. Per l’occasione, l’etichetta realizzò un gadget promozionale ispirato ai “mobiles”, le sculture cinetiche. Il mio è appeso al soffitto di una stanzetta-archivio dove conservo materiale vario. La foto non è il massimo, ma credo renda bene l’idea dell’oggetto, che – per la cronaca – ha un’altezza totale di circa un  metro.

Memorabilia 1: Cartonato di In Utero dei Nirvana.
Memorabilia 2: Spaghetti dei Guns N’Roses.
Memorabilia 3: Bevute con Modena City Ramblers, Gaznevada e Skiantos.
Memorabilia 4: L’accendino Zippo dei Litfiba.

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Il disco più strano che ho (1)

dovrebbe proprio essere questo. Si tratta di un 45 giri con due brani autoprodotto da una curiosa band “surf-punk” (giusto per trovare un’etichetta di comodo) di Toronto, Canada, chiamata Shadowy Men On A Shadowy Planet, dall’appropriatissimo titolo Explosion Of Taste. Il singolo è contenuto in una padellina di alluminio piena di chicchi di mais, eventualmente collocabile sui fornelli per trasformarli in pop corn. Quando lo comprai all’epoca dell’uscita, esattamente trent’anni fa, ne estrassi il vinile e richiusi la confezione; non so e non voglio sapere in che condizioni sia oggi il mais all’interno. Ignoro la tiratura, che comunque suppongo parecchio bassa; per la cronaca, l’unica copia attualmente in vendita su Discogs viene offerta a 219 dollari.

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