Articoli con tag: editoria e mercato

Blow Up n.301

È arrivato nelle edicole il numero di giugno di Blow Up, 116 pagine per 8 euro (maggiori informazioni qui),  con in copertina un austero Michael Gira e tante altre cose belle. A mia firma c’è Ia seconda puntata della rubrica Fratelli d’Italia (sottotitolo Vizi, virtù e “dietro le quinte” musicali del paese che sembra una scarpa), che si muove sul confine tra serietà e facezie, oltre a parecchie recensioni: Filippo Andreani, Paolo Benvegnù, Calibro 35, Lucio Corsi, Damned, Galoni, King Krule (tutte novità), Dils, Dream Syndicate, U.X.A. (ristampe), Gang (libro).

Ricordo anche l’ultimo libro della collana “Director’s Cut”, I figli del deserto, firmato da Roberto Curti e dedicato ai Meat Puppets, che gli abbonati hanno ricevuto con il numero di aprile. Chi non rientrasse nella categoria e lo volesse acquistare potrà farlo direttamente sul sito cliccando qui. 

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I miei libri (25-27)

A scanso di equivoci, l’intento di questa serie di post è puramente informativo, non autocelebrativo né tantomeno speculativo (molti sono fuori catalogo e con qualche copia eventualmente venduta in più di quelli reperibili mi ci pagherei al massimo una colazione); ne sono destinatari tutti coloro – tanti, a giudicare dalle statistiche del blog – che amano leggere storie “dietro le quinte” relative alle mie attività nel campo dell’editoria musicale. Finora ho pubblicato trenta libri e il primo è uscito nel 1991, dunque trent’anni fa; una buona ricorrenza, direi, per ripercorrere sinteticamente questo cammino, ricordando circostanze, persone, retroscena.

L’amore e la violenza – Una storia dei Baustelle
(Giunti, 2017)
Questo libro è stato allo stesso tempo una grandissima gioia e un’altrettanto grande delusione. Gioia perché secondo me è venuto benissimo, sia a livello di contenuti, sia per quanto riguarda la veste grafica e tipografica; delusione perché le vendite – a tutt’oggi, 2.500 copie – non sono state all’altezza delle aspettative. Credo sia inutile, in questa sede, soffermarsi più di tanto sul libro in sé, avendolo già fatto al tempo dell’uscita (cliccare qui; per la sostanziosa rassegna stampa, invece, qui); più interessante, o almeno credo, concentrarsi su un altro aspetto, ovvero su cosa abbia causato il pur relativo insuccesso. Non necessariamente in ordine di incidenza, credo che non si sarebbe dovuto intitolare il libro proprio come l’ultimo disco della band che in quel momento era nei negozi, e che in copertina ci sarebbe stata meglio una foto di maggiore appeal (ma queste erano state le sole richieste dei “ragazzi”, e non mi misi a discutere); credo che qualche presentazione pubblica avrebbe giovato alla causa, ma il fatto che in contemporanea all’uscita i Baustelle si siano messi a lavorare a L’amore e la violenza 2 non le ha rese possibili (e, tra l’altro, l’arrivo appena pochi mesi dopo del secondo capitolo rese il libro “vecchio” già nel 2018); un minimo avrà anche pesato l’inserimento tra i titoli disponibili gratis su kindle unlimited, ma di sicuro il problema maggiore è che rispetto a nemmeno troppi anni fa le vendite dei libri sono enormemente calate perché il grande pubblico si è allontanato dalla lettura di qualsiasi testo impegnativo. Devo però ammettere di essere rimasto molto deluso dai fan/cultori del gruppo: ero convinto che in larghissima parte fossero interessati ad approfondire, quando invece sono per lo più – evidentemente – superficiali come quasi tutti coloro che seguono i normali artisti pop. Pazienza, è andata così.

Siberia – Storia illustrata del capolavoro dei Diaframma
(Hellnation/Red Star, 2019)
L’idea di questo libro non fu mia, ma di Robertò (Hellnation) e Cristiano (Red Star) che mi proposero di realizzare una versione per così dire “deluxe” del libretto uscito anni prima per gli abbonati del Mucchio Selvaggio (alcune centinaia vennero poi vendute dalla band ai concerti). Logicamente non doveva essere una mera ristampa e quindi integrai il testo con le interviste ad alcuni protagonisti della vicenda dai quali all’epoca non era stato possibile avere testimonianze e aggiunsi un capitolo sul Siberia Reloaded che era nel frattempo uscito. Il tutto fu poi arricchito da un ampio corredo fotografico (inesistente nell’originale), impaginato in modo decisamente elegante e pubblicato in un volumetto formato 45 giri, con bella carta e pesante copertina rigida. Un oggetto di culto, com’era giusto che fosse per celebrare uno dei massimi capolavori della new wave nazionale. 

Roma brucia
(Goodfellas, 2019)
Almeno per quanto riguarda la promozione è stato forse il mio libro più fortunato, come si può verificare qui; del resto, nessuno aveva fino ad allora dedicato un tomo al rock (e dintorni) della mia città, e quindi è normale che abbia creato un minimo di scalpore. Comprensibilmente, qualcuno mi ha contestato la scelta di fondo, ovvero che Roma brucia fosse un’antologia di (quasi) tutto quello che avevo pubblicato a partire dal 1980 a proposito della musica realizzata nela Capitale, ma continuo a pensare che sia stato giusto così: perché gli scritti in tempo reale sono più interessanti di quelli a posteriori e perché, se avessi voluto rimediare alle inevitabili assenze, il volume avrebbe dovuto avere un migliaio di pagine invece delle “sole” seicento dalle quali è composto. L’obiettivo non era un’enciclopedia esaustiva, bensì una raccolta di testimonianze; raccolta che è comunque enorme, con centinaia di artisti trattati in modo più o meno esteso attraverso recensioni, interviste e articoli, e con l’integrazione di una notevole quantità di fotografie e copertine di dischi. La tiratura iniziale è ormai quasi esaurita e questo è un bene, ma se tutti quelli che vi sono citati ne avessero acquistato una copia (e so per certo che parecchi non l’hanno fatto) sarebbe stata necessaria una ristampa che, invece, non ci sarà probabilmente mai… oppure, chissà, nel 2029 potrei aggiungere quanto altro ho scritto e scriverò fino ad allora e confezionare una nuova edizione con il sottotitolo “mezzo secolo di musica capitale”. Intanto, mi cruccio ancora un po’ del fatto che alla Goodfellas non abbiano accettato il progetto che avevo loro proposto, cioè una collana di titoli analoghi incentrati su altre città e/o regioni. Il secondo sarebbe stato Torino brucia (che avrebbe coperto anche il resto del Piemonte) e il terzo Il Triveneto brucia o Il Regno delle Due Sicilie brucia. Sarebbe stato bello e anche divertente, specie se avessi davvero adottato titoli come gli ultimi due.

I miei libri (1-3): Cure, Enciclopedia del rock italiano,  Punk.
I miei libri (4-6): New Wave, Punk: piccola enciclopedia, Fuori dal Mucchio Vol.1.
I miei libri (7-9): Punk & Hardcore, Litfiba – A denti stretti, Enciclopedia del Rock Vol.3.
I miei libri (10-12): Carmen Consoli – Quello che sento, Grande Enciclopedia Rock, Rock: 500 dischi fondamentali.
I miei libri (13-15):  Smells Like Teen Spirit – La rivoluzione dei Nirvana, Carmen Consoli – Quello che sento (nuova edizione), Voci d’autore.
I miei libri (16-18):  Punk!, Hai paura del buio, Punk.
I miei libri (19-21): Hardcore, Siberia – Diaframma, Litfiba – Fuori dal coro.
I miei libri (22-24): Rock: 100 dischi fondamentali, Noi conquisteremo la luna, Manuel Agnelli: Senza appartenere a niente mai.

 

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AudioReview n.453

È da alcuni giorni nelle edicole il numero di maggio di “AudioReview”, mensile per cultori dell’Hi-Fi ma seguito anche da molti appassionati di musica per via dell’ampia sezione di recensioni (Classica, Jazz, Rock-Pop) da me curata. A livello personale, oltre alla consueta rubrica “Le canzoni raccontate” nella quale ho scritto di Piano Man di Billy Joel, ho intervistato Vinicio Capossela e ho firmato cinque recensioni di novità (Feist, disco del mese, Baustelle, Metallica, Garbo, Daniela Pes) e tre di ristampe (Wishbone Ash, Edoardo Bennato e Skiantos, le ultime due in vinile). 

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Il Forum del Cazzo

Ho scritto queste 5343 battute nell’ottobre del 2015 per un simpatico libretto sempre disponibile on line celebrativo – in versi – della scomparsa del famigerato forum del defunto Mucchio Selvaggio, che tra gli utenti veniva affettuosamente chiamato il Forum del Cazzo, abbreviato in FdC (e “C’era una una volta il FdC” si intitolava appunto la prefazione che potete leggere qui sotto). Recupero il pezzo anche qui, benché con il passare degli anni il mio “sentire” nei confronti di quell’esperienza è un po’ cambiato e prima o poi spiegherò bene, argomentando, il perché. Non oggi, non ho voglia di discussioni spiacevoli: preferisco riportare le parole piene di entusiasmo che scrissi quasi otto anni fa: raccontano una storia bella e folle e mi pare siano divertenti. Anche per chi non c’era.

Nella vita ho fatto un discreto numero di stranezze e tra queste c’è senza dubbio l’essermi occupato di un forum in Internet, legato alla rivista di musica e altro Il Mucchio Selvaggio. Non ne sono però stato l’ideatore e, anzi, quando nella primavera del 2003, all’inizio dei suoi quasi dodici anni di storia, mi limitavo a frequentarlo, ero decisamente scettico sulla sua utilità come strumento promozionale per la testata – alla quale lavoravo come giornalista, nonché responsabile di vari spazi – di cui avrebbe dovuto essere una sorta di estensione. Era comunque un luogo con un suo senso, quello che noi utenti assidui avevamo quasi subito ribattezzato, per ragioni che diverranno a breve lampanti, il “Forum del Cazzo”. Aveva una rara capacità di attirare gente brillantissima e disturbati di diversa natura (a volte le due cose coincidevano), e stargli dietro era una follia: gazzarre quotidiane, creazione di identità fittizie a iosa, commenti e thread fuori dalle righe se non addirittura da processo penale, continue azioni di disturbo nei confronti della comunità, tormentoni talmente insistiti da provocare fastidio più che risate. Qualcosa di ingovernabile che per un bel pezzo non è stato – ma va? – governato, al punto che chiunque ci capitasse lo riteneva una specie di porto franco dove tutto era lecito; compiendo uno sforzo di fantasia e riuscendo a immaginare un mash-up tra un cinepanettone di Boldi/De Sica e “1997: Fuga da New York”, non si sarà poi distanti dalla realtà.

La totale anarchia di quella che, prima di Facebook, era la “vetrina” in Rete del Mucchio veniva spesso discussa con i titolari della società editrice. Immutabile il copione: loro mi sollecitavano un parere sull’opportunità di eliminarla e io minimizzavo e gettavo acqua sul fuoco, visto che a quella “gabbia di matti”, nonostante il caos e i mille motivi di disappunto, ero affezionato… perché era divertente, perché offriva un bel po’ di spunti interessanti, perché mi aveva messo in contatto con parecchi ragazzi/e meritevoli. Alla fine, nel 2005 o 2006, a seguito di chissà quale ennesimo delirio virtuale sfociato in psicodramma collettivo, diedi la disponibilità a “buttare un occhio” al Forum del Cazzo e studiare strategie per arginarne gli eccessi, specificando che non mi sarei assunto la responsabilità legale su quanto pubblicato e che il mio volontariato – nessun ritocco ai miei già magri compensi, figuriamoci – sarebbe stato svolto nei ritagli di tempo. Escogitai così elaborate procedure di verifica dei nuovi iscritti per evitare la proliferazione dei maledetti fake, mi dedicai con pazienza allo sterminio dei troll più infestanti, mi impegnai con richiami pubblici e privati a riportare all’ordine chi trasgrediva, cancellavo tutti i thread e i post “impropri” dei quali mi accorgevo o che mi venivano segnalati. Non me l’aspettavo, ma il mio ruolo di Grande Fratello (Orwell, non Mediaset) condusse a un equilibrio: sempre un gran casino, ok, ma un casino più “organizzato” e più facile da tenere sotto controllo, dove le degenerazioni erano stroncate senza dibattimenti e senza pietà. Benché come avatar avessi adottato l’inquietante e austero Anubi, il dio egizio con la testa di sciacallo che proteggeva il mondo dei morti, mi vedevo nei panni di uno Stalin incline alla tolleranza, ovviamente a patto che non gli si rompessero troppo le palle.

Alla luce del quadro appena dipinto, sarebbe assolutamente legittimo pensare che mi fossi trovato un hobby sfiancante e masochistico. Forse anche sì, ma ognuno ha le sue deviazioni e, in fondo, si trattava di una buona causa. Al di là della sua natura di veicolo di diffusione della cultura “giusta” e degli esilaranti cazzeggi che spesso restituivano un senso a giornate altrimenti cupe o noiose, il Forum svolgeva infatti un’utile funzione di raccordo fra spiriti affini: ho perso il conto di quante amicizie, quante coppie (alcune oggi con prole), quante società e quante iniziative artistiche siano derivate da conoscenze nate e maturate su quelle pagine, fra suggerimenti su dischi da ascoltare e serie TV da guardare, battute demenziali, link a siti assurdi, prese per il culo, immagini raccapriccianti, polemiche più o meno pretestuose. Triste che tutto ciò sia defunto, ucciso per “convenienza” da padroncini/e che non hanno mai voluto capirlo; ed è una bella soddisfazione, per me che resto un vecchio romantico, sapere che la mia dedizione gli abbia consentito di vivere ben più a lungo di quanto gli “illuminati” di cui sopra gli avrebbero concesso. Ugualmente, è una bella soddisfazione che il Forum del Mucchio (o del Cazzo: fate voi) sia stato fonte di ispirazione per un componimento in versi, via di mezzo – seppure assai più conciso – fra un poema epico e una Divina Commedia in minore; e scrivendo “Divina” mi viene da ridere, non avendo dimenticato i sanguinosi contraddittori che si accendevano a proposito dell’(ab)uso di bestemmie. Va da sé che lo pseudo-pamphlet che state ora leggendo su carta o schermo è autoreferenziale e pressoché incomprensibile per i non adepti, ma non escluderei a priori che l’originalità del tema su cui è basata la narrazione e il sapore arcaico delle complesse architetture verbali possano incuriosire alcuni di coloro che nel Forum non hanno avuto il piacere o il dispiacere di metter piede. Comunque vada, sarà di sicuro un (suc)cesso.

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Blow Up n.300

È arrivato nelle edicole il numero di maggio di Blow Up, 180 pagine per 9 euro, che essendo un importante – il 300 – ha contenuti particolari. Ben 88 pagine sono dedicate al maxi-speciale che vedete ben illustrato nello strillo di copertina: una serie di articoli che trattano diversi aspetti della questione e che in larghissima parte sorprenderanno… e, no, non pensate nemmeno per un istante che abbiano qualcosa a che spartire con i soliti, prescindibili excursus, riviste o libri che siano, che speculano su morti “misteriose”, presunti omicidi e assortite amenità (maggiori informazioni qui). Io ne ho firmato uno nel quale mi sono occupato di Tim e Jeff Buckley, più cinque delle schede degli album in tema.
Molte sono poi le mie recensioni, eccetto quella dei Long Ryders tutte di dischi italiani: Daniela Pes, Baustelle, Garbo, Zac, EkranoplanOkiees e Pippo Delbuono, Elle, Giovanni Truppi, Peki d’Oslo, Le capre a sonagli e RadioSabir. E a proposito di italiani, da questo numero ho varato una rubrica fissa intitolata Fratelli d’Italia, sottotitolo Vizi, virtù e “dietro le quinte” musicali del paese che sembra una scarpa: il tema cambierà ogni volta, i contenuti saranno spesso ironici e spero che il tutto risulterà interessante e divertente.

Ricordo anche l’ultimo libro della collana “Director’s Cut”, I figli del deserto, firmato da Roberto Curti e dedicato ai Meat Puppets, che gli abbonati hanno ricevuto con il numero di aprile. Chi non rientrasse nella categoria e lo volesse acquistare potrà farlo direttamente sul sito cliccando qui. 

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