Italia punk, 1984

Dopo quello di ieri, un secondo articolo breve di corredo a un altro più lungo, che in questa circostanza era dedicato ai CCCP-Fedeli alla linea. Puntai quindi il mio riflettore giornalistico sulla situazione del punk nazionale nell’anno in cui la band emiliana debuttava su vinile.

CCCP 45 copIl punk italiano nell’anno del grande fratello
Ortodossia, il primo disco dei CCCP-Fedeli alla Linea, venne registrato nel maggio 1984 da una formazione comprendente – la formula è quella delle note di copertina – L.G. Ferretti cantante, M.U. Zamboni chitarrista, U.P. Negri bassista + batteria invisibile, e pubblicato qualche mese dopo. Conteneva tre brani (Live In Pankow, Spara Jurij e Punk Islam), aveva un “prezzo massimo” imposto di 3.000 lire ed era confezionato in un libretto con testi, immagini e proclami assortiti. La sua realizzazione era stata curata dalla Attack Punk, etichetta bolognese già distintasi, seppure in una scena rock autoctona infinitamente più sotterranea dell’attuale, per alcune provocazioni musical-culturali di un certo spessore: dischi fondati sul binomio punk/anarchia, e quindi (abbastanza) in linea con le tendenze idelogiche e sonore di buona parte del contemporaneo underground britannico, che costituivano veri e propri manifesti di un’espressività cruda e rabbiosa dove il dichiarato rifiuto di ogni ricerca formale non impediva – paradossalmente, ma non troppo – il crearsi di un preciso equilibrio estetico. Della serie di 7 pollici fino ad allora prodotti dalla label di Jumpy Velena, all’epoca cantante dei RAF Punk e in seguito “terrorista” multimediale, Ortodossia era il sesto. In ordine di catalogo, i  precedenti – tutti di analoga impostazione grafica – erano stati le raccolte Schiavi nella città più libera del mondo (1982; con RAF Punk, Stalag 17, Anna Falkss, Bacteria) e Papi, Queens, Reichkanzlers e Presidenti (1982; con Irah, 5° Braccio, Sottocultura, Kollettivo e gli stranieri Total Kaos, Stromsperre e Kaaos), L’affaire Marat/Sade di Cracked Hirn e Rivolta dell’odio (1983), Né buoni né cattivi… soltanto incazzati di Irah e Stalag 17 (1984) e Africani degli Underage (1983): lavori spigolosi e grezzi al punto di sconfinare spesso nella cacofonia, ma molto differenti – e, a ben vedere, assai più sovversivi – di quasi tutti gli altri editi nello stesso periodo nella nostra Penisola.
Rimasta orfana dell’originaria ondata degli ultimi anni ‘70, peraltro mai davvero emersa alla luce (i vari Tampax, Mittageisen, Gags, HitlerSS, Dirty Actions, Kaos Rock, Rancid X, Elektroshock, S.I.B.) e troppo spesso danneggiata dalla carenza di uscite discografiche o dalle loro eventuali contaminazioni di carattere pseudo-commerciale, l’Italia punk era infatti rappresentata da una vasta scena hardcore dedita per lo più all’autogestione, purtroppo divisa da problemi geografici e divergenze di carattere politico, “strategico” (soprattutto per quel che concerne l’idioma dei testi) e sonoro (ad esempio, l’indiscutibile supremazia numerica dei colonizzati dal punk inglese faceva sì che gli aficionados dello stile “all’americana” venissero guardati quantomeno con sospetto). Nel fatidico 1984, in ogni caso, gli album che documentavano il panorama punk/hardcore “made in Italy” del momento si potevano agevolmente contare sulle dita di una mano: anzi, escludendo dal conteggio il mezzo 33 giri dei Contrazione edito dalla Blu Bus (l’altro lato era occupato dai Franti) e le raccolte Raptus (Meccano) e Goot From The Boot (Spittle), l’unico titolo da citare è You Are The Victim (Meccano) dei grandi Raw Power, conterranei dei CCCP e in seguito gratificati di un notevole successo di culto negli Stati Uniti. In compenso, sul mercato “militante” circolavano una ventina di singoli e una notevole quantità di cassette, opera di alcuni gruppi che avrebbero fatto parlare di sè anche nel circuito internazionale (Nabat, Indigesti, Wretched, Peggio Punx, Negazione, I Refuse It!, Savage Circle, Cheetah Chrome Motherfuckers) e di altri la cui relativa notorietà non si è estesa al di fuori di un giro più ristretto (Impact, Fallout, Bloody Riot, Chelsea Hotel, Bahnhof, Wops, Declino, Eu’s Arse, Rough, Rivolta dell’odio, Cani, Nighters, Shotgun Solution). Materiale oggi pressochè introvabile, quasi inutile sottolinearlo, a meno di non voler consegnare ai professionisti del collezionismo decine (o centinaia) di biglietti da mille per ogni pezzo.
Lodevoli, comunque, i coraggiosi tentativi di alcune etichette che pur tra mille difficoltà azzardano il recupero di queste antiche vestigia: si pensi alla Vacation House (il CD Sguardorealtà ‘82/83 degli Indigesti), alla Flowers Of Grain/Anthology (il LP We’re All Gonna Die dei Chelsea Hotel o i volumi 4 e 7 della collana di rarità in CD Punk Territory), alla Antichrist Dyonisus (la raccolta No One Can Decide For You e l’antologia Lotta per vivere dei Wretched, entrambe in CD), alla Passerotto (il CD di band milanesi Sexy, Ipnotico e il 45 giri dei Gags) o alla Reverendo Moon (il 10” pollici Apocrifo dei Dirty Actions); testimonianze, con poche eccezioni, per lo più discutibili sotto il profilo strettamente musicale, ma fondamentali per la conoscenza di una stagione del rock nazionale fin troppo esposta al rischio dell’oblio. E si sa che dalla Storia, in ogni campo, si ha sempre qualcosa da imparare.
Tratto da Il Mucchio Selvaggio n.232 del 19 novembre 1996

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2 pensieri su “Italia punk, 1984

  1. questo articolo è stupendo e sono contento che sia il primo di una serie dedicato alla famiglia CCCP CSI PGR, da sempre tra i miei favoritissimi!!!!

  2. Pingback: alcuni aneddoti dal futuro degli altri | 23.09.13 | alcuni aneddoti dal mio futuro

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