Archivi del mese: agosto 2014

Elvis Costello (2012)

Non sono proprio un fan di Elvis Costello ma un suo grande estimatore senza dubbio sì. Non dall‘inizio della carriera, però, dato che nei giorni caldi del punk e della prima new wave un po‘ lo snobbavo, preferendogli artisti più aggressivi e/o particolari. Nulla da dire sulle sue enormi qualità di songwriter e performer, ma… insomma, mi piacevano più altre cose. tant’è che di lui posseggo pochissimi vinili e che ho completato (più o meno: troppa roba) la sua discografia in formato CD solo una decina di anni fa, con l‘acquisto di una serie di belle ristampe arricchite di bonus track. Non c‘è dunque da stupirsi che sull‘artista inglese abbia firmato un numero minimo di pezzi. Credo che il più lungo e articolato sia quello qui riproposto.
Costello DVD cop
The Return Of The Spectacular Spinning Songbook!!! (Hip-O)
Cos’è lo “spectacular spinning songbook”? Facilissimo, ogni estimatore di Elvis Costello lo sa: l’espressione con la quale si identifica il grande marchingegno – versione declanmacmanusiana della “Ruota della fortuna” di ogni TV del mondo – azionato dagli spettatori appositamente invitati sul palco in modo che, dopo la spinta impartitogli, si arresta in corrispondenza di una delle canzoni del repertorio del musicista inglese; quello stesso brano viene poi eseguito immediatamente dalla band, con notevoli benefici per l’imprevedibilità dei concerti e conseguente entusiasmo del pubblico. Nessuno stupore, quindi, che in occasione del venticinquesimo anniversario di quel tour (che toccò anche l’Italia), il nostro eroe abbia voluto riproporre la simpatica idea, riesumando pure – come avrebbe potuto essere altrimenti? – il suo “storico” pseudonimo da attore di vaudeville Napoleon Dynamite: da qui il titolo The Return Of The Spectacular Spinning Songbook!! di questo disco, inciso/filmato nel 2011 e commercializzato in più edizioni (DVD, CD, “deluxe” con entrambi ed esagerata “super deluxe” in appena 1.500 copie numerate che include pure un vinile 10”, un libro cartonato, un autografo di Costello e varie altre memorabilia: controindicazione, il prezzo attorno ai 200 euro). Continua a leggere

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La ola (Mau Mau)

Domani riparte il campionato di calcio, e allora perché non proporre un video legato a questo argomento? Benché oggi poco sotto i riflettori, principalmente a causa di un‘attività che dal 2002 è parecchio intermittente, negli anni Novanta i Mau Mau erano una band di successo. Continua a leggere

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Yann Tiersen (2002)

Nello scorso luglio, all’Auditorium Parco della Musica, ho assistito a un bel concerto di Yann Tiersen, artista che apprezzo e ammiro praticamente da sempre. Già allora volevo recuperare un mio vecchio scritto su di lui, ma al dunque me ne sono dimenticato. Lo faccio ora, con questa recensione di uno splendido live parigino.

Tiersen copC’était ici (Labels)
Dalle nostre parti Yann Tiersen non è esattamente una star, anche se la sua popolarità ha certo beneficiato della (deliziosa) colonna sonora del (delizioso) film è Il favoloso mondo di Amelie. A cercare di affermarne il nome, dando alle stampe l’ottimo Le phare, si impegnò quattro anni fa anche il mai dimenticato Consorzio Produttori Indipendenti, ma senza grande fortuna: comprensibile, considerato come il Nostro abbia poco a che spartire tanto con il rock quanto con il pop, preferendo sviluppare la sua Arte – perché di questo si tratta – in uno strano e affascinante ibrido tra folk, avanguardia e musica classica, dove l’approccio colto – sottolineato dalla frequente rinuncia al canto – è spesso sdrammatizzato dall’uso di “strumenti” assai poco convenzionali. Continua a leggere

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Tim Buckley (1966-1974)

Ere geologiche fa mi capitò di scrivere per “Velvet” un breve articolo su Tim Buckley, diviso in due parti: una generale di considerazioni a proposito dell‘artista e una dedicata alla sua produzione discografica, che ancora non comprendeva alcun lavoro postumo. È quest‘ultima, concepita come una “guida minima”, a essere qui recuperata, identica a come la scrissi un quarto di secolo fa. Più che certe soluzioni di prosa un po‘ allucinate e la retoricissima conclusione, ci terrei a sottolineare le minchiate scritte a proposito del supporto CD: perché al tempo, chi c‘era lo ricorderà, credevamo tutti che il compact avesse quelle prerogative.

Tim Buckley fotoSongs of the magician
Le sue canzoni sono squisitamente equilibrate: tenui, elaborati mosaici di potente suono elettrico, posseggono la magia degli acquerelli giapponesi. La voce, incisiva e ricca di energia e carattere, può librarsi in aria pur rimanendo soffice e delicata. Questo è Tim Buckley”. Così recita, con enfasi tutt’altro che ingiustificata, la presentazione del primo, omonimo album di Tim Buckley: un esordio sicuramente istintivo e naïf nell‘approccio compositivo, eppure già aperto a soluzioni inconsuete, che afferma prepotentemente come Buckley sia un “cantautore” diverso da qualunque altro. Tim Buckley (Elektra, 1966) è una raccolta di aggraziate ballad chitarristiche, comunque dotate di carisma e personalità non comuni: canzoni estatiche, intrise di malinconica solennità, che ipnotizzano con le loro armonie semplici e suggestive, da Valentine Melody a Song For Jaine, dalla rarefatta Song Slowly Song alla stupenda Aren‘t You The Girl”, prima pacata e poi via via più trascinante. Fiore all°occhiello le liriche, in prevalenza opera del poeta Larry Beckett, e le intuizioni alla sei corde di Lee Underwood, già da ora inseparabile compagno del Nostro. Continua a leggere

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Massimo Volume (1999)

La varietà del mio archivio continua a sorprendermi più della sua vastità. Non passa infatti settimana senza che mi trovi a pensare “ma è possibile che non abbia ancora recuperato nulla su… (nome a caso)?”. È accaduto anche con i Massimo Volume, dei quali ho scritto parecchio senza che ne “L’ultima Thule” – escludendo la recensione del disco degli El Muniria – ce ne fosse però, finora traccia. Rimedio allora con questa lunga intervista a Emidio Clementi, risalente a quindici anni fa: i giorni erano quelli che precedevano l‘uscita di Club privé, ultimo lavoro prima che la band bolognese optasse per un ritiro dalle scene rivelatosi poi temporaneo.

Massimo Volume fotoComunicazioni non convenzionali
È fin troppo facile, limitandosi all’ascolto di un qualsiasi disco dei Massimo Volume, farsi un’opinione errata dell’uomo che della formazione bolognese è voce, basso e quasi sempre immagine pubblica: magro ma non smunto, vestito di nero ma non tetro, abbronzato quanto basta per far sapere che non esce solo di notte e credibile nel suo sfoggio di tatuaggi da vero rocker, Emidio Clementi è persona di rara simpatia, con cui è piacevole affrontare conversazioni intellettuali così come condividere sciocchi ma divertenti cazzeggi, esperienze creative e memorabili sbronze. Sigaretta “home made” tra le dita e caramelle balsamiche in posizione strategica, Emidio affronta con la massima disponibilità il primo incontro promozionale relativo a Club privé, quarta tappa del percorso discografico avviato con Stanze (Underground 1993) e proseguito con Lungo i bordi (WEA 1995) e Da qui (Mescal/PolyGram 1997); e a vederlo così rilassato, sorridente e pronto alla battuta è difficile credere che sia proprio lui a intonare con pacata autorevolezza frasi come “il giorno nasce stanco quando il mondo che ritrovi è quello che hai lasciato” o a menzionare in un’inquietante litania recitata i quarantanove scalini della saggezza. Continua a leggere

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