Assalti Frontali (1999)

Ieri sera sono stato al Cinema Palazzo, una bella struttura che da un paio d’anni è stato occupato e “restituito” come spazio culturale al quartiere San Lorenzo, evitando l’ennesimo scempio (l’intento era di trasformarlo in una sala Bingo). Il programma prevedeva un concerto molto particolare de Il Muro del Canto, impreziosito dalla partecipazione – in alcuni brani – di Militant A e Pol G degli Assalti Frontali, storica formazione romana di area hip hop: un connubio sulla carta improbabile che però ha funzionato alla grande. Sulla spinta di questo piccolo evento ho quindi recuperato quanto scrissi ai tempi dello splendido Banditi, l’unico album che la posse capitolina abbia pubblicato per una major: la recensione e un’intervista a Militant A (quest’ultima realizzata con la collaborazione del collega Ugo Malatacca) alla quale si accompagnò la copertina del Mucchio (allora settimanale).

Assalti Frontali copBanditi (BMG)
Non c’è dubbio che, nel vedere il marchio della major BMG sul terzo album di Assalti Frontali, la mente di qualche oltranzista volerà al giorno in cui, in pieno ciclone punk, i Clash firmarono per la CBS. Quello, però, accadeva in Inghilterra ventidue anni fa, mentre la scelta di Militant A – senza dubbio provocatoria, alla luce del contesto alternativo in cui oggi Assalti e ieri Onda Rossa Posse hanno finora operato – ha avuto luogo nell’Italia di fine millennio, dove il bianco e il nero si sono per lo più fusi in anonime scale di grigi. Banditi, però, non costituisce una resa, e neppure lo scolorirsi del rosso vivo con cui la non-band romana dipinge da sempre la propria storia, ma è un coraggioso prendere coscienza di sé stessi, dei propri possibili ruoli e magari dei propri limiti; il tutto tradotto in liriche di fuoco, esplicite o cariche di simboli, che una volta in più sublimano la rabbia, il dolore e l’orgoglioso desiderio di rivalsa in una torrida poesia di strada cupamente sospesa tra invettiva e sofferto intimismo.
Proprio le parole, scandite con la consueta, solenne ruvidezza da Militant A (spesso affiancato dalla non meno efficace Sioux) costituiscono il perno del lavoro, che per quanto riguarda le basi conta sull’esperienza e sull’estro del vulcanico, iperattivo Ice One: basi fluide e quasi sempre pacatamente notturne, ma non del tutto prive di asperità, spigoli e toni velatamente epici, alle quali l’essere al servizio di concetti pesanti non sottrae la capacità di evidenziare il proprio profondo fascino (Notte e fuoco, A trenta miglia di mare e il futuro singolo Va tutto bene, alcuni fra gli episodi più profondi, sono in tal senso assai esplicativi). Potrà fare ancora meglio, Assalti Frontali, magari quando oltre alla strada forse un po’ monocorde della declamazione batterà quella più policroma del canto. Ma, nel frattempo, Banditi rimane disco bello e credibile, fotografia livida, malinconica e sanguigna di un’espressività che trascende – e non di poco – i confini pur ampi dell’hip hop.
Tratto da Il Mucchio Selvaggio n.358 del 29 giugno 1999

Assalti Frontali fotoNotte da lupi
Tre anni dopo Conflitto e sette dopo Terra di nessuno, Assalti Frontali riaccende la propria lotta all’appiattimento delle coscienze con Banditi, che assieme all’inedito marchio major presenta ancora una volta liriche di grande spessore e brillanti aperture musicali. Rinnovamento? Sì, ma nella continuità. E chiunque conosca anche un minimo la sua ormai lunga storia di fierezza e antagonismo non faticherà a capire perché l’ensemble romano abbia scelto come emblema il lupo e come habitat le ombre della notte.

* * *

Lo sguardo intenso di Luca, in arte Militant A, tradisce le tante esperienze accumulate sulla strada: forse anche troppe, considerata la sua ancor giovane età, ma comunque tutte – politiche e personali – vissute intensamente sulla propria pelle. Si esprime con calma, il fulcro di Assalti, ma i toni pacati non impediscono a ogni sua parola di bruciare di una convinzione inequivocabilmente sincera; una convinzione che sembra velarsi di un leggero, compiaciuto imbarazzo quando i discorsi si spostano dal piano generale delle strategie a quello particolare dell’interiorità e della sua traduzione in poesia. Visto che il raggiungimento dell’obiettivo non era affatto scontato, c’è da ritenersi soddisfatti che dalla chiacchierata sia emersa l’immagine dell’artista e dell’uomo, seppure assieme a quella non meno essenziale del simbolo comunque credibile di ribellione.
Pur realizzando quanto la cosa sia banale, è doveroso partire dall’accordo con la BMG: adesso che ci si è spostati dalla teoria alla prassi, come ti sembrano i primi contatti con questo “mostro” major che coraggiosamente hai voluto cavalcare?
Finora abbiamo ottenuto tutto ciò che volevamo e quindi ci riteniamo soddisfatti, anche la cosa era stata messa in preventivo: la BMG sapeva dall’inizio con chi aveva a che fare, e pertanto era lecito attendersi una piena accettazione del nostro approccio alla musica e ai testi. Per adesso non ci sono problemi, ma è chiaro che è troppo presto per disquisire sull’efficacia della strategia che abbiamo adottato: il dilemma se muoversi dentro o fuori i meccanismi convenzionali di mercato è stato per ora risolto optando per il dentro, ma gli esiti di tale scelta potranno essere valutati solo tra due o tre anni.
Personalmente, come stai vivendo questo momento?
Ogni cambiamento netto porta con sé conseguenze negative e positive: si perde qualcosa e se ne guadagano altre. Con l’autoproduzione trovavamo molti stimoli nel desiderio di costruire strutture all’interno della scena in cui operavamo e di essere anche un esempio: rispetto a questo, ci assumiamo le nostre responsabilità, e cerchiamo di comportarci in sintonia con il passato. In futuro ci sarà da fare un bilancio globale: so bene che in una major i meriti si misurano solo in termini di dischi venduti, mentre in altri ambiti a contare sono quel che vuoi portare avanti e come lo concretizzi.
Il “messaggio” Assalti Frontali è comunque rimasto intatto.
Banditi rispecchia al 100% quello che avevamo in mente, alla BMG si sono solo limitati a darci alcuni consigli lasciandoci la facoltà di seguirli o meno. Il contratto è stato preceduto da un anno di trattative proprio perché non volevamo correre il rischio di subire condizionamenti.
Il fine ultimo è ottenere una maggiore visibilità.
Sì, certo: miriamo a diffondere il messaggio in modo più ampio e capillare. A monte c’è la necessità di trasferire nel disco, mediandola attraverso la tecnica, l’ispirazione che nel nostro caso viene soprattutto dalla strada. Il processo che abbiamo intrapreso è ricco di stimoli, abbiamo lavorato parecchio sui codici interpretativi dell’album e ritengo che siano piuttosto intriganti. Inoltre il singolo A 30 miglia di mare affronta l’argomento guerra, e il video che lo accompagna è decisamente “schierato”: l’impronta Assalti Frontali, insomma, è rimasta forte.
Tratto da Il Mucchio Selvaggio n.360 del 13 luglio 1999

Continua (con molto altro materiale su Assalti Frontali) qui: http://libri.goodfellas.it/roma-brucia.html

Categorie: interviste, recensioni | Tag: | 1 commento

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Un pensiero su “Assalti Frontali (1999)

  1. stefano

    Grandi gli assalti e bella serata al cinema palazzo! Batti il tuo tempo, conflitto e un`intesa perfetta tre dischi importanti e come fai notare anche tu dai suoni molto diversi l`uno dall`altro

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