Il Muro del Canto (2012)

Il 14 gennaio 2012 ho assistito al mio primo concerto del Muro del Canto, band romana che di lì a pochi giorni avrebbe pubblicato il suo album di debutto. Li avevo appena “assaggiati”, giusto per avere una vaga idea di ciò che mi aspettava, ma mai e poi mai avrei immaginato di innamorarmi. Mi autocito: “rock e tradizione saldamente avvinti in canzoni da brividi dove energia, solennità e storie d’amore e morte si incontrano sullo sfondo di una Roma pasoliniana”. Questo è Il Muro del Canto, oggi uno dei punti fermi della mia “carriera” di appassionato: li ho visti dal vivo una quindicina di volte, L’ammazzasette è stato il mio album preferito dell’anno scorso, conosco a memoria i brani inediti che finiranno nel prossimo disco e ho persino recitato in un loro video travestendomi da cardinale. Ecco quello che ne ho scritto un anno fa.

Muro del Canto copL’ammazzasette (Goodfellas)
“Complesso di musica popolare romana”, si legge nel logo – molto bello, fra l’altro – de Il Muro del Canto, ma la definizione è appropriata solo fino a un certo punto: ok gli evidenti richiami alle radici folk della Capitale, ok il look “antico” in tema, ok gli splendidi testi in romanesco che oscillano fra amore, morte, vita quotidiana e un acuto e salutare anticlericalismo… ma il sestetto che ha come primo elemento caratterizzante la voce profonda e solenne di Daniele Coccia – una carriera parallela nei quotati Surgery – è anche un gruppo rock energico, ruvido e intensissimo, che con i suoi intrecci di strumenti acustici ed elettrici sa dar vita ad atmosfere di enorme suggestione. Esordio ufficiale che segue di un annetto un “mini” omonimo venduto solo ai concerti, L’ammazzasette mette in fila sedici tracce imbevute di sentimenti forti e senso del dramma: autentica poesia figlia della terra e della strada, e accesa da un fuoco davvero indimenticabile, che stupisce, appassiona e intriga fino a ipnotizzare.
Tratto da Il Mucchio Selvaggio n.692 del marzo 2012 

Muro del Canto fotoSiete sostanzialmente una band folk-rock in grado di mantenere un bell’equilibrio fra sonorità magnetiche e all’occorrenza trascinanti e un mood sospeso fra cupezza e maestosità. Da dove è scaturita questa originale alchimia?
(Daniele Coccia) Ho formato la mia prima band a tredici anni, e dopo vent’anni passati a suonare l’incontro con gli altri ragazzi del Muro mi ha fatto di nuovo innamorare perdutamente della musica. Ho fatto questa premessa per dirti che nel nostro feeling c’è qualcosa di esaltante e assolutamente naturale che credo si trasferisca nei nostri concerti ed emerga dal nostro disco d’esordio, L’ammazzasette. La nostra alchimia è nata in modo spontaneo, conoscendoci, provando e scoprendoci da subito con le idee chiare. Siamo stati semplicemente fortunati a trovarci, il resto è ancora tutto da scrivere.
Il saldo legame con la vostra città emerge con prepotenza, anche al di là dell’uso del romanesco. Quali sono i vostri rapporti con la tradizione musicale capitolina – da quella degli stornelli a quella degli Ardecore, passando per Gabriella Ferri – e su cosa vi preme maggiormente porre l’accento?
(DC) Ci siamo accorti che nel nostro modo di vedere le cose c’è una continuità con il passato che non abbiamo cercato, ma che è parte di noi. Il nostro legame con la tradizione è sicuramente trasversale ma è comunque molto forte. La canzone romana ha una potenza comunicativa che ha travolto anche noi e stiamo continuando a cavallo di questa ebbrezza senza affrontare nessun discorso filologico o di prospettiva futura.
La voce principale, molto profonda, è la vostra caratteristica più evidente: volete proprio che sia così?
(Alessandro Pieravanti) La forza espressiva che scaturisce dalla voce di Daniele è frutto della naturalità stessa dello strumento. Non ci sono artefici o volontà pregresse, ma solo l’utilizzo di quegli strumenti che sentiamo più vicini a noi. Se la caratterizzazione è una conseguenza della nostra necessità di semplicità espressiva, ben venga: non potrebbe essere diversamente, perché è proprio dai quei toni bassi che nasce Il Muro del Canto.
I vostri testi parlano di come amore e morte, con riferimenti sociali e soprattutto anticlericali. Temi validi a qualsiasi latitudine che a Roma, però, assumono sfumature particolari. Sbaglio?
(DC) Non sbagli, se non ci fosse anticlericalismo a Roma non ce ne sarebbe da nessuna altra parte: sono secoli che il sentimento romano si scontra con le contraddizioni della Chiesa. Per quanto riguarda la morte, specie nel mondo della musica che è una delle espressioni più alte della vita, si fa finta che essa non esista. Io ho sempre amato parlarne, affondandoci le mani fino a irritare anche me stesso: non so spiegarti perché ma ho sempre molto da dire in merito, mi aiuta a vivere meglio.
Nel resto d’Italia, Roma è oggetto di molti pregiudizi. Di quale “bella romanità” vi siete autoeletti portavoce?
(DC) Finchè al governo ci sono partiti che tra gli slogan di maggior successo hanno “Roma ladrona”, non c’è da meravigliarsi dei pregiudizi. Per quanto ci riguarda siamo consapevoli che negli ultimi anni Roma è stata ritratta molto male, sia al cinema che in televisione. Non ci siamo autoeletti portavoce, semplicimente cantiamo la vita, la morte e l’amore, sentimenti che dopo averci pervasi riescono fuori in romano, la nostra lingua ufficiale.
L’ammazzasette è appena uscito, ma avete già un altro album pronto per essere registrato. Davvero niente male, per un gruppo che esiste da appena due anni.
(AP) Questo è il risultato del nostro entusiasmo nei confronti del progetto: abbiamo la necessità di scrivere di continuo, testi e musiche. Durante i concerti ci piace aggiungere sempre brani nuovi, vedere le facce curiose di chi conosce le nostre canzoni a memoria che si ritrova a sentire un brano fresco di composizione. Abbiamo più idee che tempo a disposizione per realizzarle, ma è bene che sia così.
Tratto da Il Mucchio Selvaggio n.693 dell’aprile 2012

Qui molto altro materiale su Il Muro del Canto e il folk-rock in romanesco: http://libri.goodfellas.it/roma-brucia.html

Categorie: interviste, recensioni | Tag: , | 2 commenti

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2 pensieri su “Il Muro del Canto (2012)

  1. nandodevitis

    Probabilmente sei il fan numero uno del “Muro” (una specie di componente aggiunto).
    Con tanto di adesivo sulla macchina e i brani mandati a memoria. 🙂

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