The Great Complotto

Dell‘album che costituisce l‘argomento principale di questo articolo, pietra miliare del rock italiano, ebbi occasione di scrivere anche in tempo reale, quando vide la luce all‘inizio del 1981. Per chi fosse interessato, la recensione d‘epoca è disponibile, assieme a quelle di altri dischi qui citati, nel mio libro Noi conquisteremo la luna – Scritti sulla new wave italiana, 1980-1985; il pezzo a seguire è invece una breve retrospettiva sul fenomeno del rock a Pordenone, pubblicata in “Fuori dal Mucchio”, l‘inserto/rubrica del Mucchio che ideai nella primavera del 1996 e portai avanti fino alle mie dimissioni nella primavera del 2013. Nota a margine: The Great Complotto è stato poi ristampato in CD (con varie bunus track) dalla Shake e in LP dalla Spittle; IV3SCR è invece stato ristampato in edizione LP+CD dalla Spittle.

Great Complotto copConcedeteci, almeno per una volta, di parlarvi non di un singolo gruppo o artista ma di una scena cittadina: una scena importante non tanto per la qualità delle sue proposte musicali o per le individualità di spicco che pure ha espresso, ma per le sue caratteristiche così singolari da renderla un caso unico non solo nel ristretto ambito nostrano ma addirittura – e se qualcuno di voi è in grado di smentirci con qualche esempio è caldamente pregato di farlo – a livello internazionale. La scena in questione fiorì in quel di Pordenone negli ultimissimi ‘70 sotto l’ala protettiva di Ado Scaini, Willy Gibson e Fabio Zigante, che con i loro ensemble del ‘77/’78 – Tampax per i primi due, HitlerSS per il terzo – avevano costituito una delle originarie e più oltraggiose risposte italiche alla rivolta punk esplosa in Inghilterra e negli Stati Uniti; nel 1979, quando l’iniziale irruenza dei tre musicisti si era già stemperata in soluzioni sonore più vicine allo spirito post-punk, i due gruppi si divisero i solchi di un 7”EP senza titolo (oggi ricercatissimo dai collezionisti di tutto il mondo) che fece da testamento all’attività di quei prime-mover e contemporaneamente da biglietto da visita alla “next generation” che di lì a pochissimo sarebbe stata rappresentata dalla raccolta-manifesto Pordenone/The Great Complotto (Italian Records Service).
È un’autentica pietra miliare del nuovo rock autoctono, l’album che nel gennaio 1981 (esattamente un anno dopo le registrazioni) immortalò per la prima volta su vinile gli sforzi delle dieci band (e non-band) che rispondevano ai nomi di Sexy Angels, Cancer, W.K.W., Andy Warhol Banana Technicolor, The Little Chemists, Fhedolts, Mess, Musique Mecanique, Waalt Diisney Production e Mind Invaders; sia sotto il profilo storico, considerato come fino ad allora nessuno avesse mai pensato a realizzare una siffatta compilation, e sia dal punto di vista sonoro, come eloquentemente dimostrato da canzoni tutto sommato ingenue – e per lo più derivative del modello Devo all’epoca imperante – ma quasi prive di termini di paragone all’interno dei nostri confini. Al di là degli aspetti stilistici, a colpire fu anche il fatto che un centro di dimensioni abbastanza ridotte fosse stato in grado di generare un panorama musicale “alternativo” così ampio – il coinvolgimento di alcune decine di persone, per l’epoca, era un evento a dir poco straordinario – e apparentemente così omogeneo negli indirizzi concettuali: basti pensare che gli associati, oltre a dichiararsi tutti cittadini di un improbabilissimo Stato di Naon, affiancavano al semplice fare musica una serie di altre attività organizzate (reali o virtuali) di tipo artistico, logistico e propagandistico. Nonostante la diffusione tutt’altro che capillare del 33 giri, il fenomeno conquistò una certa attenzione da parte dei grandi media, incuriositi soprattutto dai risvolti sociologici della questione e dal profondo interesse mostrato dai “naoniani” nei confronti della tecnologia (dagli strumenti elettronici agli allora quasi pionieristici video-game); un fuoco di paglia, in ogni caso, che una volta rapidamente esauritosi riportò il Great Complotto e i suoi adepti sulle sole pagine delle (poche) pubblicazioni musicali di orientamento underground.
Su quelle pagine, seppure in modo piuttosto sporadico e approssimativo, la “comune multimediale” fiorita in quel di Pordenone rimase più o meno fino alla fine degli anni ‘80, grazie alle gesta (in verità tutt’altro che irresistibili) di alcuni suoi tardi esponenti quali Futuritmi, Ex, Danx-A, Rendezvous Ravage e Vogue. La fase storica, inaugurata dalla suddetta raccolta – quella con la copertina in bianco/nero raffigurante un particolare del Campanile di S. Giorgio – è al contrario documentata da altre tre opere discografiche di non trascurabile valore: il 7”EP con episodi di Andy Warhol Banana Technicolor (il mitico We Aren’t Devo Revo), Fhedolts, Cancer, Mind Invaders e Sexy Angels, allegato nel 1981 alla rivista Onda 400; un secondo LP antologico, IV3SCR (Italian 1983, incisioni di due anni prima) con due brani ciascuno di Sexy Angels, Gigolò Look (il cui batterista era il quattordicenne GianMaria Accusani, oggi mente dei Prozac +), Cancer e Mess; l’album decisamente sperimentale dell’ex HitlerSS Fabio “Miss Xox” Zigante, già da tempo staccatosi dal Great Complotto, edito con lo pseudonimo di XX Century Zorro e intitolato La volpe du XX siecle (Compact Cassette Echo 1983); il 33 giri postumo dei Waalt Diisney Production, Live In Disneyland ‘79 (Reverendo Moon 1997), naturalmente assemblato con nastri d’archivio. Detto che le testimonianze successive, dal box di tre singoli Un inverno a Pordenone ai frutti delle ricostituzioni dei Tampax, sono troppo “fuori tempo massimo” per essere trattate in questa sede, ci congediamo con un meraviglioso frammento estratto dalla Guida Ufficiale dello Stato di Naon, opuscolo allegato a IV3SCR. Eccolo. “Come ci si comporta a Naon? Caparbi, spavaldi e coraggiosi. Non si fuma, non si sporca, non si beve, non si urla. Non sussistono problemi di ordine ideologico né esistenziale. Mentalità imprenditoriale, tecnica, dinamica, pragmatica”. Tre lustri dopo, chi scrive non è riuscito ancora a capire se si trattava di una cosa (semi)seria o di una vaccata di proporzioni cosmiche, ma le canzoni naoniane le ascolta sempre con piacere. Chissà se qualcuno, prima o poi, le raccoglierà in uno o più CD.
Tratto da Il Mucchio Selvaggio n.330 del 1 dicembre 1998

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