Claudio e io

Da ormai un po’ di tempo rilevo un accresciuto interesse per le vicende del giornalismo musicale italiano. C’è chi scrive libri sull’argomento, chi pubblica articoli e interviste di approfondimento, chi rivolge direttamente ai protagonisti la fatidica domanda “ma come andò con…” (e a me, che in oltre quarant’anni di professione mi sono trovato in mezzo a molte storie in effetti interessanti, capita spessissimo). Allora, prima che la memoria cominci a perdere colpi e prima che un qualche tipo di flagello possa distruggere il mio prezioso archivio, ho pensato di fissare i miei ricordi (con relativi documenti probanti, se ci sono) in una serie di pezzi che interesseranno magari una platea ristretta ma che saranno utili da inoltrare ogni volta che qualcuno mi chiederà per l’ennesima volta di eventi che ho vissuto in prima persona; e che senza dubbio saranno apprezzati da ogni eventuale cultore/studioso che volesse approfondire la materia.

Ma come andò? (10)
In tanti mi hanno chiesto di rievocare questa storia un po’ surreale e molto buffa risalente alla prima metà degli anni ’80. Ho impiegato un po’ a convincere prima me e poi l’altra parte in causa che, sì, andava fatto. Buon divertimento.Claudio Sorge? Lo conoscete tutti, credo. È “nel giro” da prima di me ed è stato senza alcun dubbio un pioniere per la diffusione in Italia di vari (sotto)generi rock quali punk, hardcore, Sixties rivisitati, grind, stoner, varie ed eventuali. È stato condirettore di Rockerilla, ha creato l’etichetta Electric Eye, ha fondato e diretto Rumore e Bassa Fedeltà e, insomma, ne ha combinate di tutti i colori (chi volesse approfondire può farlo guardando questo video); l’ultima in ordine di tempo la bella fanzine Gimme Danger, assieme all’inappuntabile r’n’r soldier Luca Frazzi. Per me è stato sempre un piacere collaborare a suoi progetti e un po’ mi rincresce che lui non abbia fatto altrettanto con alcuni miei (per dirne soltanto uno, sul Mucchio Extra ci sarebbe stato splendidamente) o che per mille ragioni non si sia realizzato qualche cosa assieme, ma è andata così e pazienza. Dagli anni ’80 coltiviamo comunque solidi rapporti, come attestano le foto qui sopra (scattata a casa mia una decina di anni fa) e qui sotto (del 2007, a La Vecchia Talpa per la presentazione del mio libro “Punk!”; il terzo figuro è ovviamente il padrone di casa Luca Frazzi). Anche se penalizzati dalla distanza geografica che ci separa (Roma e Pavia non sono proprio limitrofe), ritengo di poter affermare che siamo amici, ma non è stato sempre così. Anzi, prima che ci conoscessimo di persona la nostra relazione è stata assai burrascosa, come potrete desumere andando avanti nella lettura.
Prima di entrare nel vivo della questione, devo premettere alcune cose. Innanzitutto, che una quarantina di anni fa entrambi affrontavamo il giornalismo musicale con serietà ma anche con un approccio “di pancia”. In più, sia lui che io “soffrivamo” la reciproca concorrenza nel ruolo di più “””””importanti””””” divulgatori di nuove tendenze rock. Io ero frustrato dalle poche pagine che potevo gestire sul Mucchio e invidiavo non solo lo spazio ben superiore che lui aveva su Rockerilla ma anche le sue maggiori competenze ed esperienze (ha sette anni più di me); lui, presumo, non era entusiasta del fatto che un ragazzino quale ero riuscisse a essere una sua sorta di contraltare. La solita storia del gallo più anziano disturbato dal galletto più giovane e di quello più giovane che magari alza la cresta più di quanto dovrebbe; se poi si aggiungono i caratterini un po’ pepati, suo e mio… Quanto segue dimostra che eravamo due cretini (lui forse in misura maggiore, perché più vecchio e quindi in teoria più maturo), ma con il senno dei quattro decenni dopo trovo che le frecciatine esplicite od occulte che ci lanciavamo quasi mensilmente dalle pagine delle rispettive riviste siano esilaranti. Ho pensato allora di proporne un tot delle più esplicite e gustose, con qualche opportuna spiegazione.
Com’è iniziato tutto? Credo che ad avere aperto le ostilità sia stato io, nel mini-editoriale che, sul Mucchio, apriva regolarmente la mia rubrica “Shock!”. Nel 1981, numero di giugno, scrivevo infatti così, criticando l’atteggiamento a mio avviso tronfio di alcune firme di Rockerilla (un po’ del tipo “sappiamo tutto noi” et similia).
Rivelo un retroscena. A irritarmi tantissimo era soprattutto un peccato veniale: che tra i loro collaboratori citassero come “corrispondente da Los Angeles” Chris Desjardins (Flesh Eaters, Slash), quando il suo contributo consisteva in poche e sporadiche notiziole, grossomodo le stesse che nei nostri scambi epistolari inviava a me così come faceva con Claudio. Insomma, a non andarmi giù (pensate che razza di problemi mi facevo a vent’anni!) era che millantassero di avere in California un (illustre) corrispondente che in realtà non era tale, o che comunque lo era nella stessa misura in cui lo era per me. Nel numero di luglio/agosto di Rockerilla, la risposta di Claudio fu comprensibilmente al vetriolo.Ci stava tutta, tranne le accuse di aver copiato: no, quello no, non l’ho mai fatto nemmeno a scuola, e così inviai a Rockerilla una lettera di precisazioni che venne pubblicata sul numero di dicembre, con relativa replica di Claudio che ribadì la tesi della copiatura ed evidenziò un comportamento improprio di Max Stèfani. All’intervista “rubata” dal nostro direttore non avevo proprio fatto caso e non potei fare altro che incassare il colpo. Sull’assurdità del “copiare” capii invece che era inutile insistere; ok, che giudicassero i lettori, ma a scanso di equivoci per vari mesi specificai – nei miei mini-editoriali – la data in cui veniva “chiuso” ogni nostro numero.
Di lì a poco, su Shock! inserii una pagina sull’heavy metal, tendenza alla quale Rockerilla dedicava parecchio spazio ma che sul Mucchio era stata fino ad allora snobbata non certo per colpa mia. Orrore e sacrilegio, ma come mi ero permesso! A breve, su Rockerilla apparvero insinuazioni ironiche sulla scarsa preparazione del nostro collaboratore delegato a occuparsi dell’argomento e ancora – una fissazione – di aver copiato (per la precisione, una frase che di sicuro era stata letta ma che nessuno avrebbe riportato consapevolmente pari pari). Dovetti per forza commentare, con questo boxino apparso sul Mucchio del giugno 1982.
Nei mesi seguenti, da ambo le parti continuarono a volare frecciatine non granché affilate, finché nel 1983 (numero di settembre), recensendo i gloriosi Charlatans, Claudio si fece scappare la frase rivelatrice che trovate sottolineata qui.
In estrema sintesi, il concetto era questo: se Rockerilla si occupava di un gruppo/artista prima del Mucchio, il gruppo o artista diventava di sua proprietà, e se il Mucchio provava a trattarlo lo poteva aver fatto solo perché “ispirato” da Rockerilla. Idem per eventuali nuove definizioni di generi.  Come se io non leggessi riviste inglesi o americane, non mi recassi ogni tot mesi a Londra, non avessi stretto contatti con decine di etichette e addetti ai lavori all’estero. Che alle volte Rockerilla arrivasse su certe cose un mese prima è vero; dipendeva dai tempi di preparazione più lunghi del Mucchio, dalla sua impaginazione più rigorosa (per capirci meglio: se ci procuravamo un tal disco anche molto importante solo due giorni prima di andare in stampa, per anticipare o non “ritardare” non collocavamo dove capitava una recensione last minute), dal fatto al tempo gli importatori di dischi si trovavano tutti al nord e se di un titolo giungevano poche copie si fermavamo appunto al nord, dove risiedeva quasi l’intero staff di Rockerilla. Però, ecco, scrivere che noi operassimo sempre in seconda battuta era falso, così come era assurdo credere che io fossi ogni mese in agguato davanti all’edicola per comprare subito Rockerilla e carpire primizie da riciclare.
Le scaramucce verbali andarono avanti più o meno stancamente per almeno un anno, divenendo all’improvviso più accese nel 1985. Dopo aver visto sul Mucchio le mie recensioni di due bootleg di X e Dream Syndicate, Claudio decise che ero stato io a realizzarli e nel numero di gennaio lo scrisse in un articolo sui Radio Birdman, dandomi anche del “sedicente giornalista” e rinfacciandomi “vili brame collezionistiche” (per inciso: mai fatto un bootleg in tutta la mia vita e mai stato un collezionista nel senso più deteriore del termine).
In quel periodo si parlava parecchio del recupero (creativo e non) del sound dei Sixties, e dato che qui da noi Claudio ne era stato uno dei promotori più entusiasti, non gradiva che certe band finissero anche sul Mucchio, specie se non esaltate come faceva lui. Nel marzo del 1985, le sue parole su Rockerilla non lasciarono dubbi sul fatto che la cosa non gli andasse giù, e questo fu ribadito in un ricordo dei Ramones nel numero di aprile.
Curiosamente, sempre nel marzo del 1985, in una rubrica “di cazzeggio” del Mucchio avevo scritto questa recensione di un album inesistente, nella quale imitavo – estremizzandolo con piglio sfottente – lo stile dell’antagonista, divenuto per l’occasione Claudio… Tramonta (si noti: nelle stesse pagine Maurizio Bianchini assunse l’identità “fittizia” di Paolo Ragù ed Eddy Cilìa quella di Peppe Vira).
Evidentemente in quei giorni dovevo essere battagliero, perché il mese dopo rincarai la dose nella recensione di Eighties Colours, la prima, storica raccolta di neo-psichedelia italiana curata da Claudio per la sua etichetta Electric Eye. Un colpo al cerchio e uno alla botte, visto che comunque era un’ottima pubblicità (estesa, oltretutto, alla fanzine Lost Trails, un’altra creatura di Claudio).
La prova che Claudio non la prese troppo bene è nella recensione di un concerto dei Fuzztones uscita su Rockerilla di giugno, Fuzztones che assieme ai Chesterfield Kings erano le sue due band preferite dell’area neo-Sixties; io, invece, ero sempre stato un po’ critico nei confronti di entrambe (nonché degli Unclaimed) perché – a differenza di Claudio – le ritenevo troppo derivative e “revivaliste”. Scoprii così di essere un imbecille, mentre in un altro pezzo dello stesso numero registrai la mia promozione da “sedicente giornalista” a “pseudogiornalista”.Mi sembra di ricordare che mi arrabbiai parecchio, ma per rispondere scelsi ancora l’arma dell’ironia. Un’ironia caustica, però, dato che recensendo il primo LP dei Four By Art (marchiato Electric Eye, certo) equiparai Claudio a un Padrino, ma non uno di quelli di Battesimo o di Cresima.
E dopo? Più nulla, perché con Claudio ci incontrammo (direi a Firenze, all’Independent Music Meeting), parlammo a lungo, scoprimmo che fra noi esistevano più affinità che divergenze e diventammo amici. Dopo avergli anticipato che prima o poi avrei pubblicato questo articolo, gli ho inviato i vecchi “ritagli” che avevo selezionato (ce ne sarebbero almeno altrettanti che invece ho escluso: questi sono sufficienti) e lui mi ha risposto “Va bene tutto quello che stai facendo relativamente alle nostre ‘diatribe’, tu lo trovi divertente, in effetti un po’ lo è. Bei tempi”. Sui “bei tempi” la penso come lui, anche se all’epoca questi “botta e risposta” un po’ ce li angustiavano. Ma sono storie vecchie, giurassiche, e dopo trentasette anni di vicissitudini e amicizia, nonno Claudio e nonno Federico – oggi ci unisce anche questo – ci ridono su. Come di sicuro avranno fatto tutti quelli che hanno letto questo amarcord.

(1) Shock!, la rivista mancata.
(2) Le (prime) dimissioni dal Mucchio.
(3) Il post-Mucchio e la nascita di Velvet.
(4) Velvet Story.
(5) La collaborazione con Rumore.
(6) Gli inserti “Fuori dal Mucchio” e “Classic Rock”.
(7) Il Mucchio Extra.
(8) La copertina (sbagliata) a Jeff Buckley.
(9) Il finto live di Springsteen.

 

Categorie: memorie | Tag: | 6 commenti

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6 pensieri su “Claudio e io

  1. Massimo

    Ricordo che, acquistando sia il Mucchio che Rockerilla, tenevo sempre in grande considerazione le vostre recensioni per i miei acquisti.
    Ricordo pure le vostre schermaglie “dialettiche” 🙂 (conservo ancora copie di entrambe le riviste).

    P.S. Federico, per curiosita’, hai cambiato (anche parzialmente) idea su Fuzztones, Chesterfield Kings e Unclaimed (certo il loro suono è derivativo, ma averne di gruppi cosi’ oggi!)?

  2. Gian Luigi Bona

    Bellissime queste storie per i vecchiacci come noi. Quanti ricordi ! Quando per avere un disco nuovo dovevo prendere il treno e andare da Vercelli a Torino o a Milano. Ci credo che chi oggi riesce a procurarsi la musica con due semplici click non riesce più a dare importanza a niente.
    A proposito, sto per diventare nonno anch’io !
    Ciao Federico, ancora una volta grazie e ti mando un abbraccio dal profondo nord (ma chissà, magari un giorno riuscirò a incontrarti).

  3. Mauro Severi

    Siete due pazzi,due autentici rockettari amanti della stessa donna che è diventata anche la nostra.Avete dissanguato i ns portafogli ma ci avete reso una vita bella come poche ….grazie di tutto e,anche se sembra che lo abbiate capito,vi assicuro che siete complementari. Due autentici fuoriclasse e ,almeno x me, i più sinceri dell ‘intero panorama….rock on

  4. Paolo Backstreet Iglina

    Chissà quante storie sai (alcune non potrai neppure raccontarle)….ma è bastata una conversazione (per quanto lunga) a rendervi amici?

  5. Anonimo

    Fantastico report. Beh, vi lanciavate belle bordate, eleganti e ironiche per lo più, ma sempre bordate. Mezzogiorno di fuoco. Occhio ai nipoti!

  6. RockOnlyRare

    Molto divertenti queste scaramucce , qualche secolo fa sarebbero finite con un duello alla spada se non alla pistola….. fa rimpiangere i bei tempi in cui c’erano due splendide riviste che si facevano concorrenza. Confesso che preferivo il mucchio per due motivi, il primo perchè Rockerilla era molto più orientato verso il metal che a me pur piacendo non era il mio genere preferito, secondariamente perchè trovavo molte recensioni troppo “pompose” piene di paroloni mentre sul mucchio si andava subito “al sodo”, era molto più facile intuire da articoli e recensioni se il gruppo che non avevo mai ascoltato era da seguire (comprare l’album) o meno.
    Ai tempi del vinile era molto dura ascoltare qualcosa di un artista senza comprare il disco, il mio negoziante il compianto Danilo della fiera di Senigallie e poi di “Raspuntin” era gentilissimo e qualche volta apriva il vinile per farmi un piacere, visto che da lui compravo centinaia tra vinili e poi cd… ma era comunque un’eccezione.
    Insomma se le recensioni del mucchio (spece se di Guglielmi) portavano ad una acquisto soddisfacente nel 90% dei casi con Rockerilla si scendeva sotto il 50%…. che non vuol dire che il Mucchio fosse superiore o meno, ma che i miei gusti erano più in linea con i loro.
    Comunque GRAZIE ad entrambi !!!!

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