A volte, i social servono. Giorni fa un amico di Facebook, Johnny Duhamel, mi ha ringraziato per un articolo che avevo realizzato nel 1980 per la fanzine Red Ronnie’s Bazaar nel quale spiegavo nei minimi dettagli tutta la procedura per ordinare negli Stati Uniti dischi di punk e new wave editi da piccole etichette, indicando anche qualche “trucco” per evitare o almeno limitare eventuali criticità. Va da sé che della sua esistenza mi ero totalmente dimenticato; spinto dalla curiosità, ho così cercato e faticosamente ritrovato i numeri della fanzine in questione – che era fatta proprio da quel Red Ronnie lì, al tempo profondissimo conoscitore oltre che appassionato di nuove musiche e non solo: eravamo diventati amici – e mi sono messo a sfogliarli alla ricerca del pezzo. Era nell’ultimo numero e, rileggendolo, capisco perché al tempo il Johnny di cui sopra ne rimase folgorato: dove mai si potevano trovare informazioni così dettagliate utili ad appagare le bramosie di possesso di titoli che qui da noi era quasi impossibile reperire? Johnny mi ha anche invitato a recuperarlo qui sul blog in quanto testimonianza storica di un’epoca pionieristica: procurarsi certi dischi quattro decenni fa era complicato e farraginoso, roba che chiunque abbia oggi dai quarant’anni in giù non può neppure lontanamente immaginare. Adesso per far tutto bastano alcuni click stando comodamente seduti a casa, allora ci si faceva un mazzo inaudito.
Ecco allora, scansionata e dunque con tutte le nefandezze grammaticali e sintattiche del me diciannovenne o ventenne, la parte rilevante dell’articolo (prima c’era una lunga introduzione e la segnalazione ormai obsoleta di un tot di negozi che offrivano il servizio di mail order), con tanto di refuso alla fine della prima colonna: la fanzine era ovviamente di fattura artigianale e saltò una riga nella quale, secondo logica, c’era probabilmente scritto “(se) proprio vi prende la frenesia” o qualcosa di analogo.