Crossover & nu metal

Non chiedetemi chi sia l’autore di questo disegno: non lo so, ma chiunque sia lo ringrazio di cuore. Venendo a questo post, le cise sono andate così. Nel 2005 dalla Arcana mi chiesero di scrivere la prefazione per l’edizione italiana di Rapcore: The nu-metal rap fusion di Dick Porter, che qui da noi divenne Nu-metal: le origini (il libro è oggi fuori catalogo). Non mi tirai indietro e dal mio impegno venne fuori l’articolino qui ora recuperato, nulla più che una concisa introduzione al fenomeno. In calce, tutto (?) quello che si può trovare qui sul blog sull’argomento rapcore, crossover e nu metal.
Bastardo per antonomasia, il rock’n’roll. Nato e prosperato tale, nel suo mezzo secolo di vita, nutrendosi avidamente di ibridazioni con altri stili musicali, prima suoi consanguinei e poi – man mano che il mondo, grazie al progresso tecnologico e alla cooperazione internazionale, si faceva più piccolo – anche esotici: una necessità e non una scelta, la contaminazione, accesa dal desiderio di rinnovarsi, di distinguersi, di evitare sclerosi e stanche parodie. Non c’è insomma da stupirsi che quello che all’inizio era semplicemente hard rock, e che in seguito si è evoluto in heavy metal, abbia sperimentato ulteriori mutazioni creative, attingendo linfa vitale da sonorità che molti ritenevano aliene alla sua natura di rock “WASP” per eccellenza (non è casuale che i metallari di colore non siano mai stati numerosi): un incontro estremamente proficuo che ha visto la scena hard degli ultimi dieci/quindici anni propendere con decisione per il meticciato, in una convulsa e pirotecnica sequenza di fusioni nel cui incandescente crogiuolo sono finiti metal, rap, funk, hardcore punk, dark, elettronica, dance, turntablism e quant’altro, senza distinzioni né gerarchie fra ciò che era di matrice black e ciò che, al contrario, apparteneva tradizionalmente alla cultura bianca.
Nella seconda metà degli Ottanta cominciò così la sua ascesa un altro metal che, proprio in virtù del suo approccio privo di barriere e ricettivo a (quasi) ogni influsso, venne denominato crossover, cioè incrocio: una definizione esemplare nel mettere in risalto, per di più con un termine pertinente e dotato di buona forza evocativa, le principali caratteristiche del nuovo sottogenere, che assieme all’altra tendenza di quel periodo – il cosiddetto grunge, esploso nel 1991 con Nevermind dei Nirvana – continuò a fare notizia sulle pagine delle riviste specializzate e nei palinsesti delle emittenti radio e TV di orientamento alternative. Si dovette invece aspettare il 1997, dopo l’attenuarsi del boom del corporate-punk di Green Day, Offspring e Rancid, perché a quella di crossover – tacciata ingiustamente di obsolescenza, ma solo per motivi giornalistici – si sostituisse gradualmente l’etichetta che tuttora va per la maggiore, nu metal: magari più d’effetto, con quel nu al posto di new a enfatizzarne la modernità, ma anche segnata da un retrogusto artificioso che ne tradisce lo sterile sensazionalismo. Ed è a questo punto che il fenomeno, oltreoceano già grande ancor prima di essere (ri)battezzato, acquista concreta visibilità anche qui in Italia dopo essere stato per anni propagandato solo dalle pubblicazioni di settore: significativi gli importanti risultati nelle classifiche di vendita, la presenza stabile – almeno per quanto concerne le proposte più altisonanti e “accessibili” – nelle scalette dei network e soprattutto la nascita e/o crescita di una certa quantità di gruppi votati a divulgare il Verbo, pur se penalizzati da approcci in linea di massima troppo ricalcati sui modelli esteri e da qualche diffidenza dell’ambiente. Il fatto che i torinesi Linea 77, senza dubbio la nostra band di punta, abbiano ottenuto riscontri all’estero e addirittura siano legati a una label inglese depone comunque a favore delle possibilità di espansione del panorama nazionale, che tra gli altri suoi esponenti più accreditati – seppure solo a livello underground – annovera Guilty Method, Knife, Browbeat, A.D., Exilia, GF93, Magazine du kakao, H-Strychnine, Addiction e JustineDusk. Se sono rose, fioriranno. Forse.
Proprio di nu metal, seppure ovviamente non italiano, si occupa questo libro un po’ saggio e un po’ enciclopedia. Non solo di nu metal, però: lo spazio dedicato alle prime due generazioni del “movimento” – quella dei padri Korn e Deftones e quella dei figli (non sempre degni) System Of A Down, Limp Bizkit, Slipknot, Linkin Park o Mudvayne – è anzi inferiore a quello concesso alle sue radici bianche e soprattutto nere, in piena sintonia con un titolo originale che recita appunto Rapcore: The Nu Metal Rap Fusion. Una storia che inizia lontano, assai più lontano di quanto molti ritengano, e approda al Terzo Millennio in un intrigante susseguirsi di avvenimenti raccontati in modo semplice ma nient’affatto superficiale; nel tentativo, riuscito, di dimostrare come una parte di questa musica – metallo pensante, oltre che pesante – non solo possegga quella sostanza che i detrattori, spesso messi fuori strada dalle troppe mistificazioni, sono restii a riconoscerle, ma meriti anche la posizione centrale conquistata nel rock’n’roll contemporaneo.

Amen
Coal Chamber
Deftones
Ill Niño
Incubus
Korn
Limp Bizkit
Linea 77
Linkin Park
Machine Head
Orange 9mm
Slipknot
System Of A Down
e anche:
Danzig
Downset
Marilyn Manson
Ministry
Nine Inch Nails
Nine Inch Nails 2
Rage Against The Machine
Rage Against The Machine 2
Soulfly
Tool
Warrior Soul
Warrior Soul 2
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