In quei lontani giorni dei primissimi anni ’80, il debutto dei Gun Club fu un’autentica rivelazione. Come tantissimi altri dischi oggi mitici ma all’epoca oscuri, ne scrissi in tempo reale, compensando con un entusiasmo evidentemente contagioso – quello che consigliavo difficilmente rimaneva negli espositori dei negozi specializzati – la mia scarsa verve espositiva, spesso condita di forzature linguistiche e/o semplici brutture che a rileggerle oggi mi fanno venir voglia di impiccarmi (per poi rinascere, ma solo per darmi fuoco), nonché di quantità industriali di refusi imputabili alla fotocomposizione (e alla sciatteria nella correzione delle bozze). Qui ce n’erano troppi e i più orridi li ho corretti… ma senza cambiare lo stile, che è rimasto lo schifo che era.
Fire Of Love
(Ruby)
Tra le rivelazioni di Los Angeles per l’anno 1981 sarebbe ingiusto non menzionare i Gun Club, che già da qualche tempo si prodigano nella creazione di una musica nuova e interessante. Composta da Jeffrey Lee Pierce (voce, slide guitar), Ward Dotson (chitarra e slide guitar), Rob Ritter (basso) e Terry Graham (batteria) – gli ultimi due ex Bags – questa geniale formazione propone un sound particolarissimo, fusione di influenze diverse: blues, punk, psichedelia, country. In sostanza, si potrebbe dire che i Gun Club sono una punk band che crea le sue canzoni filtrandole in una sintesi fresca ed eccitante attraverso la lezione degli altri generi musicali prima citati.
Il suono di Fire Of Love ha il fascino irresistibile di un certo tipo di Sixties rock (più o meno alla Nuggets) e in alcuni suoi episodi sembra essere molto presente l’ispirazione dei Cramps. I Gun Club, comunque, sono molto diversi da Lux Interior e compagni, giacché sono assai più violenti e non pongono il rockabilly in cima alle proprie preferenze; a ogni modo, le analogie tra i due gruppi non mancano come il culto di entrambi per il dark e l’orrido, e non è certo un caso che Kid Congo Powers, chitarrista dei Cramps, abbia firmato uno dei brani di questo primo album, edito dalla Ruby Records di Chris Desjardins. Dodici canzoni, tra le quali spiccano le veloci e aggressive She’s Like Heroin To Me e Ghost On The Highway, le più pacate Promise Me e Jack On Fire, le piacevolissime Sex Beat, For The Love Of Ivy e Black Train, dalle ritmiche spezzettate e dalle chitarre laceranti. Uno degli elementi principali della musica del quartetto è la contrapposizione fra la chitarra “normale” usata prevalentemente in modo secco e incisivo, e la slide-guitar, con il suo caratteristico suono limpido. Fire Of Love è indubbiamente un disco singolare, al di fuori di ogni semplicistica classificazione, ma costituisce anche una delle più belle sorprese di quest’anno; è un disco californiano fino in fondo. che recupera sonorità anche piuttosto datate presentandole in modo attuale, stimolante, coinvolgente. Comunque la si pensi, merita almeno un attento ascolto.
(da Il Mucchio Selvaggio n.46 del novembre 1981)
Uno dei miei dischi preferiti in assoluto. Una grande elaborazione del blues in chiave punk. All’epoca Gun Club e Cramps erano in heavy rotation sul mio stereo. Peccato che JLP ci abbia lasciati così presto.
Peccato sì…
Disco epocale!
Sì, ma io continuo a preferirgli il più meditato “Miami”.
Nn ci avevo fatto caso.
Oggi era anniversario della morte di J.L.Pierce.
Ben fatto per il post!
Giusto ricordarlo oggi.
Ci ha fatto divertire quando eravamo ragazzi.
Grazie.
Grazie a te. Ma ci fa divertire pure adesso, alla faccia dell’anagrafe.
Ti denigri perchè? Non ha la scioltezza delle recensioni più mature ma non spari cazzate (almeno non sembra) e la recensione fornisce ciò di cui il lettore ha bisogno.
No, cazzate no, ma la carenza di verve, la legnosità dello stile e l’approccio molto cronachistico e un po’ saccente – alla fine avevo vent’anni, cazzo c’avevo da fare il fico? – mio disturbano.
Anche rileggendola oggi a 40 anni di distanza dalla prima volta che la lessi, la trovo una recensione più che valida.
La cosa importante per me, che ho sempre apprezzato nelle tue recensioni, era la capacità di far immaginare al lettore in modo molto esauriente cosa aspettarsi una volta comprato il disco, e devo dire che rarissimamente (per non dire mai) mi è capitato di restare deluso da un acquisto dopo una tua recensione (e negli anni sono stati centinaia !!!!) Non sopportavo i recensori che usavano termini come capolavori ed imperdibile per album “difficilissimi” per non dire di peggio che potevano piacere al massimo al 5% dei lettori.
Album inossidabile. Forse qualcuno preferisce Miami, ma una scelta è veramente ardua
Sono di quelli che preferisce “Miami”, ma hai ragione: scelta ardua.
Comprai il disco proprio grazie alla recensione!😂
Allora mi merito un grazie!
Lavoro straordinario. Comprato quasi subito. La copertina, nelle riedizioni, mi sembra sia cambiata sia il fronte che il retro. Chissà perché.
Sì, me lo sono chiesto spesso anch’io… forse questioni di diritti sulle foto? In ogni caso, la prima copertina è bella e le altre non reggono il confronto.
La copertina mi ha ricordato un’immagine vista su un articolo sui riti voodoo. Facendo una ricerca in Internet ne ho trovata una molto simile: https://images.app.goo.gl/1RbA1aE1a8EajPda6
Forse si sono ispirati al voodoo Haitiano…??
Buona giornata a tutti
Assolutamente sì. Esportato a New Orleans.
Trovo enigmatica la copertina e tu?
Beh, sì… ma pure tutti i disegnini del retro… Anche gli X e i Flesh Eaters facevano cose simili… pensa a “Wild Gift” e “A Minute To Pray, A Second To Die”.
Ora che lo fai notare… Roba voodoo, mi sa.
La lessi sul Mucchio prestatori da un amico credo uno o due anni dopo all’uscita del numero, e l’ho comprato l’album che tuttora mi piace.