Da grande estimatore di Steven Wilson (qui la recensione dei tre dischi precedenti, qui una lunga intervista), mi sono ovviamente occupato anche dell’ultimo lavoro, in qualche misura controverso.
To The Bone
(Caroline)
Questione complicata, quella del nuovo album da solista di Steven Wilson, quinto propriamente detto di una produzione avviata ancor prima dell’abbandono del progetto Porcupine Tree; complicata non tanto per l’artista britannico, che come al solito ha deciso cosa fare e – semplicemente – l’ha fatto, quanto per i suoi cultori, che avrebbero tutte le ragioni per rimanere basiti da un disco… pop. Certo, è un pop alla Steven Wilson, ovvero con riferimenti alti, testi tutt’altro che banali e sviluppo (solo più massiccio) di elementi comunque già presenti nelle prove del passato, ma diverso – del resto, lo stesso autore aveva dichiarato di volersi “reinventare” – da quanto proposto in precedenza. Ecco allora una sorta di personale tributo ad alcuni ascolti che erano evidentemente stati cruciali per la sua formazione musicale: So di Peter Gabriel, Hounds Of Love di Kate Bush, Colour Of Spring dei Talk Talk e The Seeds Of Love dei Tears For Fears, lavori che nella seconda metà degli ’80 non ottennero i favori (gentile eufemismo: a parte Gabriel, furono per lo più schifati) della platea rock “dura e pura”.
Gli undici episodi di To The Bone, non ha senso negarlo, sono dunque nel complesso quanto di più accessibile e – in altre epoche si sarebbe detto così – “commerciale” emerso a nome Steven Wilson. Al di là delle lunghezze non da tipico singolo (solo quattro scendono sotto i cinque minuti di durata, e uno supera i nove), delle soluzioni che a tratti si fanno ruvide o disorientanti e della classe che illumina ogni passaggio, l’album (disponibile anche in “deluxe” con outtake, demo e librone) è un passo – non necessariamente indietro o avanti; diciamo laterale – fuori dalla dimensione di ampio culto nella quale il Nostro ha finora vissuto. Solo con il tempo sapremo se classificarlo come un’occasionale deviazione o come il (pur piacevole) inizio della fine.
Tratto da AudioReview n.390 dell’agosto 2017