È in uscita un nuovo album degli AC/DC e questa settimana, qui sul blog, l‘hard&heavy ha fatto la parte del leone. Si resti allora in tema riesumando la recensione di un DVD di una band che del genere è da sempre icona.
No Bull (Columbia)
Nel 1996, circa cinque anni dopo l’ultima volta, gli AC/DC si imbarcarono per un ennesimo tour mondiale: il “pretesto” era il Ballbreaker dell’anno precedente, album di routine – a dispetto della produzione di Rick Rubin – che si era però ben piazzato nei Top 10 UK e USA ottenendo vendite notevoli. Da gennaio a novembre furono quasi centocinquanta concerti fra Stati Uniti, Canada, Europa (quattro in Italia), Sudamerica, Australia e Nuova Zelanda, davanti a platee sterminate e plaudenti, con il da poco ritrovato Phil Rudd ai tamburi dietro al consolidato nucleo comprendente Angus e Malcolm Young alle chitarre, Cliff Williams al basso e Brian Johnson alla voce. Una vera e propria celebrazione del ventennale dell’esordio discografico, con palco faraonico e vari effetti speciali, e pazienza se il cantante – peraltro inattaccabile come trascinatore – dava a tratti l’impressione di essere un po’ in affanno: the show must go on, è risaputo, e a non far pensare eventuali sbavature bastavano le mosse del buon Angus (rigorosamente in calzoncini) e l’utilizzo di una gigantesca campana, di una palla di ferro da demolizione e di altri apparati scenografici.
Come imposto dalle ferre regole del business, occorreva che l’evento fosse documentato in audio/video, e per farlo fu convocato quel David Mallet che si era già brillantemente distinto con Live At Donington. Per le riprese si scelse la data alla Plaza de Toros de Las Ventas di Madrid, da cui il titolo del film: No Bull per “niente toro” ma pure per “no bullshit”, “niente cazzate”, perché la band anglo/australiana è notoriamente maestra di stile. Il regista non fu però mai pienamente soddisfatto del montaggio effettuato in fretta per uscire al più presto in VHS, ed è stato quindi felicissimo che questa ristampa in DVD gli abbia offerto l’opportunità di rimetter mano al materiale e confezionare un “director’s cut” a suo dire molto più riuscito ed efficace. Certo, chi vede negli AC/DC una specie di fenomeno da baraccone che specula sulle glorie passate troverà il risultato ugualmente coatto e pieno di (pur pirotecnici) luoghi comuni, ma ogni estimatore della più pura mitologia r’n’r non potrà non appassionarsi e divertirsi con queste due ore di spettacolo totale, nel quale scorrono venti classici che – quale più quale meno – hanno segnato la storia del rock non solo hard. Negli extra, altre due tracce dal vivo in Svezia e Florida, e quattro con una telecamera fissa sul solo Angus Young.
Tratto da Il Mucchio Selvaggio n.651 dell‘ottobre 2008
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