L’inafferrabile Cat Power

Avviso ai naviganti: questo non è un post “serio”. Non del tutto, almeno. Ieri sera sono stato al concerto di Cat Power, all’Auditorium. L’inizio è stato rimandato di un’ora per via del ritardo con cui, causa nubifragio pomeridiano, era stato effettuato il soundcheck, e dopo il breve set in solitaria di Scott Matthew è toccato all’imprevedibile Chan. Per un bel po’ tutto è andato benissimo, anche se lei sembrava infastidita da qualcosa… qualcosa che è stato poi identificato come un suo problema di ascolto dai monitor. Lamentele, una piccola interruzione, un’uscita di scena mentre la band continuava a stare sul palco, il ritorno a metà fra lo svogliato e l’incazzato, il brano conclusivo prolungato ad libitum probabilmente per ripicca nei confronti di chi – la direzione dell’Auditorium, su questo aspetto da sempre rigidissimo – voleva imporle la chiusura entro mezzanotte. Inutile dire che lo sforamento ha raggiunto addirittura la mezz’ora: la solita, ingovernabile Cat Power, insomma, di enorme talento (lo show è stato spesso di ottima qualità) ma di almeno pari sregolatezza.
Considerate il recupero di questa recensione, uno dei miei pochissimi scritti sulla musicista americana, come un “Tapiro d’oro” per l’occasione.

Cat Power copSpeaking For Trees (Matador)
Immaginate circa due ore di riprese con camera fissa dove la protagonista è immortalata da sola con la chitarra, e sempre a figura intera, mentre intona canzoni – dinoccolata, buffa e persa nel suo mondo come sempre – per un pubblico di alberi e cespugli accompagnata dai suoni della natura: questo è Speaking For Trees, il film di Mark Borthwick girato nell’estate del 2002 che costituisce il programma-base di un DVD i cui bonus sono tre “corti” di ambientazione balneare, un CD con un brano di diciotto minuti intitolato Willie Deadwilder (una outtake di You Are Free) e un libretto di sessanta pagine con qualche nota, un paio di schizzi e soprattutto una gran quantità di foto in bianco/nero collegate al progetto. Traduzione: un esempio di coraggiosa creatività naïve per quanti amano le stramberie artigianali e i contesti bucolici, e un’immane rottura di palle – almeno sul piano visivo: la musica, benché scarna e magari ripetitiva, possiede una sua mesmerica persuasività – per tutti gli altri.
Non è un mistero che Chan Marshall, in arte Cat Power, sia un’artista tra i più fuori dagli schemi della scena contemporanea, ma è un dato di fatto che questo DVD rappresenti per molti versi l’esaltazione della sua verve più eccentrica e anticonformista; in sintonia con gli standard stilistici della Nostra, invece, i ventinove episodi della “colonna sonora” (alcuni medley di due o tre pezzi e alcuni proposti in più interpretazioni), in parte autografi e in parte riletture dai songbook di Duke Ellington, Bob Dylan, Alex Chilton e altri. Comunque, un prodotto non all’altezza delle attese, che non riesce a nascondere dietro le velleità “sperimentali” (ma roba così Warhol la faceva quarant’anni fa…) la sua pretestuosità; e che, è lecito crederlo, potrebbe arrivare e tediare o indispettire anche i fan di più stretta osservanza.
Tratto da Il Mucchio Selvaggio n.610 del maggio 2005

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Categorie: recensioni | Tag: | 7 commenti

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7 pensieri su “L’inafferrabile Cat Power

  1. Pingback: Il talento fragile di Cat Power – Paviabarocca.it

  2. easter

    Beh, potrebbe anche smettere di fare concerti, non sarebbe poi così grave. Ci resterebbero almeno un paio di grandi dischi: più che sufficienti per campare senza rimpianti. Considerato anche che l’ultimo è una grandissima ciofeca. Troppo cattivo?

  3. Gianni Malotto

    Vista al City Square al tempo di “The Covers Record”, sempre nascosta dal piano, sguardo a terra, ha iniziato cinquanta canzoni e ne ha finite tre o quattro, tipo dilettanti allo sbaraglio. Anni dopo (erano i tempi di “The Greatest”) mi sono fatto trascinare a vederla a Milano, stavolta con band al seguito. Da metà concerto in poi ha finto di essere ubriaca fradicia.
    Da allora la ascolto solo su disco, sorry.

    • Non faccio fatica a capirti. Peccato (per lei). Mentre stavo al concerto l’amico con il quale ero ha letto un tweet: “Cat Power è l’Antonio Cassano dell’indie rock”. Mi sembra un paragone azzeccato.

  4. ricordo un vecchio concerto di Cat Power in conchetta a Milano, quando la conchetta era attiva e ospitava il meglio della musica indie. Lei con frangia che le copriva quasi per intero il volto, ha suonato per un’ora e mezzo quasi sempre di spalle al pubblico e senza mai proferire parola se non qualche thank you appena sussurrato.
    Comunque un gran bel concerto!!

  5. Pingback: Problemi al suono e Cat Power abbandona il palco dell'Auditorium | Music Fanpage

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